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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


S. Messa per l’Arma dei Carabinieri
Basilica di San Petronio, 19 maggio 2007


1. "Cristo … non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore". Queste parole che avete ascoltato nella seconda lettura, ci svelano il mistero dell’Ascensione al cielo del Signore. Benché l’evangelo lo descriva come un movimento dalla terra al cielo ("si staccò da loro e fu portato verso il cielo"), in realtà il mistero che oggi noi celebriamo consiste nel perfetto cambiamento, nella perfetta trasformazione dell’umanità di Cristo. La sua Ascensione è l’ingresso della umanità di Cristo nella sua definitiva condizione.

È il momento in cui anche il corpo e l’anima umani del Verbo sono introdotti nella piena partecipazione della vita e gloria divina. Tutto questo col nostro linguaggio viene descritto come "passaggio dalla terra al cielo", "ascensione al cielo", dal momento che il contrasto fra la povertà della nostra condizione umana e la gloria della condizione divina viene raffigurata dalla distanza fra terra e cielo.

Oggi, dunque, celebriamo la gloria di Cristo risorto. La sua risurrezione non è il semplice ritorno alla vita di prima, ancora mortale. E’ una trasformazione che rinnova interamente la sua condizione umana: rinnovamento così profondo che dobbiamo parlare di "nuova creazione" e di "uomo nuovo" (cfr. 2Cor 5,17; Gal 6,15; Ef 2,15; 4,24; col 3,10).

E’ per questo che gli apostoli, ci narra il Vangelo, "tornarono a Gerusalemme con grande gioia": essi poterono vedere che davvero il Cristo crocefisso e sepolto era il Signore vivente in eterno.

2. "Avendo, dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario … per questa via nuova e vivente che Egli ha inaugurato per noi … accostiamoci con cuore sincero". Dopo aver descritto il mistero dell’ascensione al cielo in quanto avvenimento riguardante Gesù, ora la Parola di Dio parla di noi: di ciascuno di noi. Il mistero che oggi celebriamo non celebra solo la gloria di Cristo, ma celebra anche di conseguenza la gloria della nostra persona: è la nostra condizione che oggi è radicalmente cambiata. Perché? Perché oggi Egli ha inaugurato per noi una via nuova e vivente. Che cosa significa tutto questo?

Innanzi tutto, Cristo oggi ci rivela l’ampiezza insospettata del nostro destino: in Cristo venuto in possesso della stessa vita divina nel suo corpo umano, l’uomo scopre tutta la misura, tutta l’ampiezza della sua possibilità. "Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria" (Gv 17,24). Oggi il Vangelo viene annunciato in tutta la sua interezza: l’uomo è destinato non alla morte, ma alla vita; il suo destino è la perfetta beatitudine. Oggi viene data la risposta definitiva alla domanda: "ma che cosa ho il diritto di sperare dalla vita?". Hai da oggi il diritto di sperare nella vita eterna.

Ma non solo Cristo oggi ci rivela la bellezza insospettata del nostro destino. Egli offre in se stesso la possibilità concreta di raggiungerlo, "per questa via nuova e vivente che Egli ha inaugurato per noi". L’impotenza delle nostre aspirazioni a realizzarsi, la contraddizione che abita dentro alla nostra vita quotidiana fra la nostra finitudine e la illimitatezza del nostro desiderio, non ci spingono a ritagliare i nostri desideri sulla misura delle nostre possibilità. Quella impotenza, quella contraddizione sono risolte oggi nel mistero dell’ascensione al cielo di Gesù: Egli oggi è diventato la via nuova e vivente, percorrendo la quale, noi possiamo realizzare in pienezza la nostra umanità in Dio.

3. Oggi voi celebrate la vostra Convocazione nazionale. Il mistero dell’Ascensione al cielo illumina profondamente la vostra celebrazione. Ci aiuta a capirlo l’architettura della città dove vi trovate, la città di Bologna

Bologna era circondata da mura con dodici porte. Il libro dell’Apocalisse presenta la città celeste circondata da mura con dodici porte. Si dà come un’analogia fra la città terrestre e la città celeste, e tutta la fatica umana è di far sì che la prima sia sempre più ad immagine della seconda: degna dell’uomo.

In fondo, non è questo il nobile servizio dell’Arma, rendere più giusta la nostra convivenza? Oggi viene a voi il supremo conforto e sigillo: la speranza di una città più giusta non è vacua; l’impegno per essa non è vana agitazione. In Gesù questo è il nostro destino assicurato.