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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica XV per Annum
San Camillo, 13 luglio 2014


Cari fedeli, nella predicazione di Gesù è frequente il ricorso alle "parabole" per rivelare a chi ascolta docilmente, le verità più profonde della nostra salvezza.

Oggi Gesù ne propone una fra le più famose e le più meditate, nel corso dei secoli, dalla Chiesa: la parabola del seminatore. Essa ha due significati fondamentali.

1. Di chi parla Gesù quando mette davanti ai nostri occhi un seminatore nell’atto di seminare il grano? Parla di se stesso. Ciò che il seminatore fa nella parabola, è ciò che sta facendo Gesù.

Per comprenderlo rifacciamoci un momento alla prima lettura. Il profeta ci rivela l’efficacia della Parola di Dio, detta al suo popolo attraverso i profeti. Per spiegarci questa efficacia, Isaia paragona la Parola di Dio all’opera naturale e umana di coltivare la terra "perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare".

Dunque Gesù è venuto fra noi per dirci la Parola di Dio. Egli non lo fa all’interno di un circolo di eletti. La dice a tutti, assolutamente a tutti, senza eccezione. Come il seminatore sparge il seme su tutto il terreno.

L’inizio di un libro del N. Testamento è assai pertinente a quanto stiamo dicendo. "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte ed in molti modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio". Nel Figlio, in Gesù, Dio ci ha detto tutto.

Dobbiamo oggi ringraziare Dio il Padre e Gesù perché ci hanno fatto dono della sua Parola.

Ma Gesù nella sua parabola non parla solo di Sé. Parla anche di ciascuno di noi. Se la semente gettata da Gesù è la Parola che Egli dice, ciascuno di noi è come il terreno che la riceve. Tutti sappiamo quanto lavoro esige la terra prima della semina.

Nella parabola Gesù individua quattro tipi di terreno: la strada; il terreno sassoso; il terreno pieno di spine; il terreno buono. A ciascuno di questi terreni corrisponde un tipo di persone in ordine alla Parola di Dio ascoltata. Vediamo più da vicino la cosa, e ciascuno faccia l’esame di coscienza.

L’uomo-strada. E’ colui che "ascolta la parola del regno e non la comprende". E’ cioè la persona che non fa il minimo sforzo per comprendere, prestando attenzione. Nel linguaggio comune noi diciamo: "dentro ad un orecchio, fuori dall’altro".

L’uomo-terreno sassoso. "E’ l’uomo che ascolta la parola di Dio e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radici in sé ed è incostante". E’ la persona superficiale, che non permette alla Parola di Dio che gli è predicata, di penetrare profondamente nel cuore, di mettere radici.

L’uomo-terreno spinoso. "E’ colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza" soffocano nel suo cuore la Parola ascoltata. Fate bene attenzione. La Parola di Dio non può crescere nel cuore di chi onora l’idolo della ricchezza, del denaro.

L’uomo-terreno buono. E’ la persona che ascolta, che riflette sulla Parola ascoltata, lascia penetrare nella sua vita la luce di Dio, e non onora il denaro come fosse il suo dio.

Ecco, cari fratelli e sorelle, provate a chiedervi: a quali categorie appartengo? La mia vita è veramente guidata dall’ascolto della Parola di Dio che la Chiesa mi predica?

 

2. Cari amici, oggi ricorre il 400.mo anniversario dalla morte del vostro santo patrono,
S. Camillo. E sono grato al Signore che mi ha donato oggi di essere fra voi.

In che cosa, ultimamente, è consistita la santità di Camillo? Nell’aver ascoltato quanto il Signore gli diceva, e nell’aver vissuto in obbedienza a questa Parola.

E’ stato molto faticoso per lui. Egli dapprima ha dovuto compiere una vera pulizia del terreno del suo cuore: soffriva, oggi diremo, di ludopatia. E fu una conversione profonda, così che egli poté compiere la missione a cui il Signore lo chiamava: il sevizio agli ammalati.

La sua intercessione ed il suo esempio ci ottengano un’obbedienza piena alla Parola di Dio, unica via che ci porta alla felicità.