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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità della Beata Vergine di San Luca
Cattedrale di San Pietro, 13 maggio 2010


1. L’evento narrato nella prima lettura è la prefigurazione profetica dell’evento narrato nella pagina evangelica.

L’arca della Nuova Alleanza che reca la presenza salvifica del Signore in mezzo al suo popolo, è ora Maria. E come l’arca della prima Alleanza fu accolta dai leviti "levando la loro voce", così Elisabetta accoglie Maria "esclamando a gran voce: "benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Davide nel racconto parallelo esclama: "come potrà venire a me l’arca del Signore?" [2Sam 6,9]; Elisabetta "esclamò a gran voce: a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?".

Cari fratelli sacerdoti, ciò che era prefigurato nella Prima Alleanza e si è adempiuto nella casa di Zaccaria ed Elisabetta, accade anche ora nel nostro presbiterio. Maria, l’Arca della Nuova Alleanza, ci ha visitato, recandoci la presenza salvifica del nostro Salvatore. Esclamiamo nel cuore con Elisabetta: a che cosa dobbiamo che la madre del nostro Signore venga a noi? Come Giovanni il precursore esultiamo di gioia – la gioia vera, la gioia messianica – perché questa mattina sperimentiamo la presenza del Signore in mezzo a noi: "è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a Lui conviene".

Nello stesso tempo vogliamo considerare con umile attenzione il miracolo di grazia che accade. Una imponente tradizione dei Padri e dei Dottori della Chiesa insegna che mediante la presenza di Maria, Giovanni è stato santificato fin dal grembo materno. Scrive Origene: "possono avere un senso per noi il viaggio frettoloso di Maria verso la montagna, il suo ingresso nella casa di Zaccaria, e il saluto che ella rivolge ad Elisabetta. È perché Maria faccia partecipe Giovanni, ancora nel seno materno, della potenza che ella riceve da Colui che ha concepito e perché, a sua volta, Giovanni renda partecipe sua madre della grazia della profezia, che egli ha ricevuto, che tutto questo accade" [Commento al Vangelo di Giovanni VI, 256; SCh 157, pag. 323-325]. L’evento di grazia che accade nella casa di Zaccaria ed Elisabetta è dunque "l’unzione profetica" di Giovanni. "Et tunc primum praecursorem suum prophetam fecit Jesus" [Origene, Omelie su Luca VII, 1; SCh 87, pag. 155].

La santificazione del precursore fin dal grembo materno consiste dunque nella sua vocazione ad essere "profeta dell’Altissimo": "per andare davanti al Signore a preparargli le strade" [cfr. Lc 1,76]. E pertanto Giovanni inizia a profetare mediante la voce di sua madre.

2. Cari fratelli, stiamo vivendo le ultime settimane dell’Anno Sacerdotale. Come ha visitato la casa di Zaccaria e di Elisabetta, così oggi Maria visita il nostro presbiterio. Come è accaduto con Giovanni, mediante ella lo Spirito ci costituisca oggi profeti. Ottenga a ciascuno di noi di essere più profondamente partecipi del munus propheticum di Gesù, a cui siamo stati configurati mediante il sacramento dell’Ordine.

Cari fratelli, come insegna il Concilio Vaticano II: "i presbiteri, in quanto cooperatori dei vescovi hanno come primo dovere [primum habent officium] quello di annunciare a tutti il Vangelo di Dio" [Decr. Presbyterorum ordinis 4; EV 1/1256].

Su questo primato non possiamo avere dubbi. L’esempio e l’insegnamento di S. Paolo è per noi vincolante. Egli è consapevole che la predicazione del Vangelo precede ogni altra attività apostolica. Egli la paragona all’azione del piantare [Cf. 1Cor 3,6], della fondazione [Ibid. 3,10]. Ora nulla può crescere dove nulla è stato piantato, sarebbe stolto edificare senza fondamento.

Non sto parlando unicamente e principalmente della predicazione del Vangelo che si realizza all’interno delle celebrazioni liturgiche.

Sto parlando della predicazione del Vangelo che si svolge nel "cortile dei gentili". È in esso che oggi soprattutto dobbiamo annunciare il Vangelo della fede. È nel "cortile dei gentili" che oggi il Signore ci chiede di esercitare il nostro munus propheticum più che nel recinto del Santo dei Santi.

Il profeta però non parla a nome proprio. Infatti è "la parola della fede che noi predichiamo" [Rm 10,8]; "infatti non predichiamo noi stessi" [2Cor 4,5], ma "il Vangelo di Dio" [1Ts 2,9]. Il sacerdote-profeta ha ricevuto una parola che non è sua; di cui è debitore verso ogni uomo poiché è la salvezza di ogni uomo. S. Agostino a riguardo di questo tema scrive: "E noi che cosa siamo? Ministri (di Cristo), suoi servitori: perché quanto distribuiamo a voi non è cosa nostra, ma lo tiriamo fuori dalla sua dispensa" [Discorso 229/E,4].

Prima di leggere i santi Vangeli, il diacono riceve la seguente benedizione: "Il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra, perché tu annunci degnamente e come si conviene il suo Vangelo". La liturgia esprime le profondità della fede della Chiesa. Questa non è una semplice formula. La Chiesa ci insegna con quelle parole come deve essere la nostra predicazione. Se non fosse ispirata da queste parole, il Signore pronuncerebbe su di noi le terribili parole: "i profeti sono come vento; la sua parola non è in essi" [Ger 5,13].

Dove e che cosa è questa dispensa di cui parla Agostino? È la Sacra Scrittura; sono gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa; è il Magistero della Chiesa: strettamente, inscindibilmente connessi. Scrittura, Tradizione, Magistero: il triplice ed unico canale da cui attingiamo l’acqua della Parola che annunciamo.

Il sacerdote deve giungere ad una tale assimilazione della Parola profeticamente predicata, che il suo pensiero, il suo sentire, il suo predicare è diventato pura trasparenza e rifrazione del pensiero, del sentire, della predicazione di Cristo. Come il pesce nell’acqua, siamo immersi nella verità che è Cristo.

"Praecursorem suum prophetam fecit Jesus": Madre di Dio, che oggi visiti il nostro presbiterio, rinnova fra noi il prodigio operato nella casa di Zaccaria ed Elisabetta. Ottienici la forza dello Spirito perché siamo profeti – "in opere ed in parole" – del tuo Figlio. Ogni fedele riconosca nella voce di ciascuno di noi la voce del Buon Pastore; ogni uomo e donna ancora in ricerca riconosca nella voce di ciascuno di noi la risposta alla sua attesa più profonda. O Spirito di profezia scendi su di noi: veni per Mariam. Amen.