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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Festa di sant'Agata
Cremona, 13 febbraio 2011


Cari fratelli e sorelle, la celebrazione solenne della vostra Santa patrona S. Agata, ci aiuta a capire alcune verità fondamentali a riguardo della nostra condizione di testimoni di Cristo nel mondo. "Da parte nostra, per quanto ha forza e vigore la sana ragione" scrive S. Agostino "abbiamo il vivo desiderio di imitare i martiri che ammiriamo impegnati nella lotta" [Discorso 313/A,3; NBA XXXIII, 671]. Mettiamoci dunque in docile ascolto della Parola di Dio.

1. La prima lettura presenta una situazione culturale non dissimile dalla nostra, per alcuni aspetti. La possiamo richiamare brevemente.

Il re Antioco – siamo nel decennio 170-160 A.C. – ha il progetto di una forzata omologazione del popolo giudeo alla cultura ellenica, con proibizione di osservare le leggi religiose e civili ebraiche, e l’obbligo di adeguarsi in tutto alla legislazione sira. Il re giungerà perfino a dedicare il Tempio del Signore ad una divinità pagana, a Giove Olimpo.

Questa forzata ellenizzazione genera una vera e propria rivolta guidata dal sacerdote Mattatia. La prima lettura riferisce le sue parole in punto di morte, il suo testamento spirituale.

In che senso questa pagina biblica è di grande attualità? Nel senso che anche oggi è in atto un progetto di omologazione ad una cultura che esige l’estromissione di ogni riferimento trascendente da tutti gli ambiti della vita sociale. Certamente non si usano, almeno in occidente, i mezzi usati da Antioco o dal prefetto di Catania con Agata. Ma la capacità di produrre il consenso posseduta dai grandi mezzi di comunicazione, cioè concretamente dai poteri che li gestiscono, è tale che il rifiuto oggi del "politicamente corretto" è la forma che assume in Occidente il martirio cristiano.

Cari amici, il martirio di Agata così come le parole di Mattatia ci portano pertanto a riflettere sul bene umano fondamentale della libertà religiosa.

Ad alcuni può sembrare strano che ci attardiamo a riflettere sulla libertà religiosa nel nostro Occidente. Non è esso, come categoria culturale, nato come una grande promessa di libertà? Non è, la libertà religiosa, difesa e garantita anche dalla nostra Costituzione repubblicana?

Cari fratelli e sorelle, ci sono due modi fondamentali di violare la libertà religiosa.

Il primo è la persecuzione violenta che giunge fino all’uccisione della persona a causa della sua fede cristiana. Questa violazione della libertà religiosa non è affatto scomparsa, ma al contrario. Infatti, risulta doloroso constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale, come accadde ad Agata.

Il secondo modo di violare la libertà religiosa è sempre più pervasivo e presente nel nostro Occidente. Esso consiste nell’esclusione della religione – più concretamente: della fede cristiana – dalla vita civile pubblica. "Sei libero di professare la tua fede cristiana, ma nella tua vita privata: quando entri nella sfera pubblica, la devi lasciare fuori": è questa la formula in cui si esprimono la progressiva discriminazione dei credenti, la negazione del diritto di cittadinanza alla pubblica professione della fede, le varie limitazioni al ruolo pubblico dei credenti nella vita civile e politica.

Perché questa limitazione è una violazione alla libertà religiosa? La risposta è semplice e profonda. "La libertà religiosa, come ogni libertà, pur muovendo dalla sfera persona, la si realizza nella relazione con gli altri. Una libertà senza relazione non è libertà compiuta. Anche la libertà religiosa non si esaurisce nella sola dimensione individuale, ma si attua nella propria comunità e nella società, coerentemente con l’essere relazionale della persona e con la natura pubblica della religione" [Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata della Pace 2011, 6, cpv 1°].

Celebrando la memoria di Agata "abbiamo il vivo desiderio di imitare i martiri che ammiriamo impegnati nella lotta".

2. Dove trovare la forza di non conformarci alla cultura secolarista, alla cultura dell’immanenza, sempre più pervasiva? "Non abbiate paura", dice Mattatia nella prima lettura; "non abbiate paura", ripete il Signore nel S. Vangelo. Che cosa liberò Agata dal timore? che cosa ci dona la forza di testimoniare la nostra fede non solo nella sfera privata, ma anche e soprattutto nella pubblica piazza?

"Non abbiate paura delle minacce di questo empio sovrano … oggi egli è nelle stelle, ma domani non ci sarà più". Ecco la prima certezza del martire. Egli sa vedere oltre le apparenze, e non si lascia ipnotizzare da fugaci splendori. "E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno" [1Gv 2, 17].

"Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati". Gesù ci rivela la ragione ultima della nostra forza: l’amore che il Padre ha per ciascuno di noi. È un amore talmente grande che si prende cura di tutti i più piccoli particolari della nostra vita. Non siamo abbandonati a noi stessi nello scontro col mondo. Siamo forti della stessa fortezza di Dio. "Perciò" ci ha detto l’apostolo Pietro nella seconda lettura "quelli che soffrono facendo la volontà di Dio, continuino a fare il bene e si mettano nelle mani del loro creatore con piena fiducia".

Rivolti dunque al Signore, a Lui rendiamo grazie per averci fatto il dono della martire Agata, e di essere oggi i suoi testimoni. Con la sua potenza ci sostenga nel nostro martirio; arricchisca la nostra fede, governi la nostra mente con pensieri veri, puri e santi; ci conceda il suo amore e ci conduca alla sua felicità. Amen.