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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


"TRE GIORNI DEL CLERO"
Omelia
11 settembre 2006


[Testi biblici:
Is 26,7-9.12 (cfr. Lez. Fer. B, pag. 303)
Mt 11,25-27]


1. Miei cari fratelli nel sacerdozio, poniamo il nostro lavoro di questi tre giorni nella luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato, perché essa sia la luce che guida il nostro cammino di riflessione.

Nella donna incinta di cui parla il profeta nella prima lettura siamo solennemente e gravemente messi in guardia da un rischio: partorire vento.

Durante questi giorni ci impegneremo ad una riflessione seria, alla quale ci siamo anche preparati nei mesi scorsi. Possiamo correre il rischio di partorire vento, di non portare salvezza al paese, di non far nascere abitanti nel mondo? Certamente, se non teniamo sempre viva la memoria della parola profetica immediatamente successiva: "perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alle luce le ombre". La fecondità del nostro lavoro di questi giorni può venire solo dalla "rugiada del Signore", che è "rugiada luminosa". Essa è capace di ridare vita anche alle nostre opere morte.

Come è a voi ben noto, il linguaggio cristiano ha fatto propria questa grande metafora profetica per narrare l’operazione che lo Spirito Santo compie nella Chiesa e nelle anime. Nella linea di una duplice interpretazione della figura profetica.

Lo Spirito Santo è Colui che rende capace di far fruttificare il nostro spirito: è il principio della nostra fecondità. Egli produce in noi quella conoscenza che ci consente di entrare nei misteri della divina Sapienza: "lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato" [1Cor 2,10b-12]. Il profeta ci ha or ora detto: "la tua rugiada è rugiada luminosa". Non solo. La divina rugiada opera in noi soprattutto la capacità di amare, dal momento che "attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio".

Ma la Chiesa ha letto questa grande metafora anche in un secondo modo. La presenza dello Spirito è ristoro nella fatica; è gioia nella tribolazione; è conforto nelle difficoltà; è forza nelle fatiche; è coraggio nella tristezza. È Lui che sostiene il nostro quotidiano lavoro apostolico dal momento che in Lui siamo stati unti il giorno della nostra ordinazione sacerdotale: siamo stati penetrati dalla divina rugiada luminosa.

Penso che tutti conosciate bene l’icona orientale della Pentecoste. Gli Apostoli sono ordinatamente seduti su due lati come se stessero celebrando un Concilio Ecumenico. Ma in mezzo a loro c’è un posto vuoto su cui scende una luce dall’alto: è il posto occupato dal Signore Gesù che mediante la divina energia del suo Spirito costituisce e governa la Chiesa.

Ecco, miei cari fratelli nel sacerdozio, quanto ci dice la Parola di Dio attraverso il profeta. Durante questi giorni siamo chiamati ad un impegno serio di riflessione, di condivisione di pensieri e di progetti. Non possiamo esimerci da questo impegno. Siamo come grembi che docilmente si lasciano irrorare dalla divina rugiada, e saremo sicuri di non partorire vento: per portare la salvezza di Cristo al nostro popolo e generare nuovi figli in Cristo.

2. La benedizione con cui Gesù benedice il Padre rivela una legge fondamentale della divina provvidenza: tenere nascoste le ricchezze del regno ai sapienti e agli intelligenti e rivelarle ai piccoli.

Mi piace, miei cari fratelli, essere illuminato da questo testo evangelico per individuare le attitudini spirituali profonde con cui lavorare in questi giorni.

È della Chiesa di Dio presente in Bologna che noi parleremo in questi giorni. Di una realtà cioè umano-divina al contempo il cui mistero è rivelato solo ai piccoli. Come già vi scrissi all’inizio dell’estate ed ora vi ripeto, la nostra tre giorni non è un Consiglio d’amministrazione di un’azienda che si interroga su come renderla più efficiente; non è un seminario di studio per elaborare progetti di ingegneria istituzionale. È un momento molto più semplice, ma molto più grande: cerchiamo di convertirci più profondamente al Signore perché possa sempre più trasparire attraverso di noi il suo amore appassionato all’uomo.

Carissimi fratelli, il Padre ci doni di comprendere il grande mistero della Chiesa. Essa è semplicemente la presenza di Cristo nel mondo: ne è il sacramento. Essa è sulla terra il sacramento di Gesù Cristo, come Gesù Cristo stesso è nella sua umanità il sacramento di Dio: "l’immagine del Dio invisibile" [Col. 1,15].

Come tutta la ragione d’essere di Giovanni il Battista fu di mostrare la presenza di Cristo nel mondo, così tutta la ragione d’esser della Chiesa è di rivelarci Cristo, di condurci a Lui, di comunicarci la sua stessa vita. In una parola: di metterci in rapporto personale con Lui.

Da ciò derivano due conseguenze importanti che ad uno sguardo superficiale sembrano contraddirsi, ma che in realtà convivono pacificamente nel cuore dei credenti.

La prima è che data la sua natura sacramentale, la Chiesa rimanda sempre a Cristo. Meditando sulla definizione che Giovanni diede di se stesso: "voce di uno che grida nel deserto", Agostino commenta: "Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: "in principio era il Verbo"; Giovanni è voce per un po’ di tempo, Cristo invece è Verbo eterno fin dal principio".

Così è della Chiesa: "per definizione è cosa diafana che si annulla davanti a ciò che significa, come il vocabolo che non sarebbe niente se non conducesse dritto all’idea" [H. De Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano 1979, pag. 135].

La seconda è che questo segno che è la Chiesa, non potremmo mai trascenderlo e come abbandonarlo, ritenendolo provvisorio. Esso permane necessario sempre per l’umanità e per ciascun uomo, poiché è solo per suo mezzo che noi raggiungiamo la realtà di cui è segno. Chi ipotizzasse un incontro con Cristo senza la mediazione della Chiesa ben presto si incontrerebbe in realtà con l’idea che lui si è fatto di Cristo e non con la sua persona. Certo non tutto ciò che nella Chiesa è visibile è divino; ma certamente il Mistero di Dio mi incontra oggi visibilmente nella carne della Chiesa.

Per porci dentro a questo "grande mistero" e ricevere la rivelazione riservata ai piccoli, sarà necessario in questi giorni la continuata presenza di tutti ed il contributo di ciascuno, mediante discorsi che siano di vera edificazione nostra e di tutta la Chiesa.

Uniamo l’offerta di noi stessi all’offerta di Cristo sulla croce alla quale la divina Eucarestia ci rende presenti, ripetendo nel cuore la preghiera del profeta: "si, nella via dei tuoi giudizi, Signore, noi speriamo in te; al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio … poiché tu dai successo a tutte le nostre imprese". Amen.