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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità di Pentecoste
Cattedrale, 8 giugno 2014


La solennità di Pentecoste è la risposta ad uno dei desideri più profondi del cuore. La risposta è il dono dello Spirito Santo dentro la travagliata vicenda umana.

1. Di quale desiderio sto parlando? Di vivere in società con le altre persone. Siamo fatti per vivere associati, non in solitudine. E possiamo verificare questa esigenza soprattutto in tre fatti.

Il primoè che l’umanità si realizza in due forme: la femminilità e la mascolinità. La persona umana è uomo e donna. "Pertanto il primo naturale legame della società umana è quello fra l’uomo e la donna" [S. Agostino, La dignità del matrimonio 1.1; NBA VII\1, pag. 11]. Questo legame si realizza eminentemente nel matrimonio.

Il secondo è il fatto che la persona umana raggiunge i beni di cui ha bisogno mediante il lavoro, che è sempre co-operazione, col-laborazione. Il lavoro è il secondo grande fattore della socializzazione della persona.

Il terzo fatto che esprime il desiderio di vivere in società, è la città e lo Stato. La
S. Scrittura ci insegna che la meta verso cui l’intera umanità è incamminata è una città santa, la Nuova Gerusalemme [cfr. Ap 21, 2-4]. Ad essa, come luogo di perdizione, viene opposta la città di Babilonia. "E’ interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città" [Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium71].

Se ora osserviamo come il desiderio di socializzare si è di fatto realizzato nei tre fatti richiamati, vediamo l’incapacità della persona umana di creare vere comunità.

Il matrimonio è stato lungo i secoli deturpato dalla disuguaglianza fra l’uomo e la donna; dalla progressiva inconsistenza del vincolo coniugale, fino a giungere al divorzio consensuale; dall’equiparazione della comunione coniugale a convivenze che non hanno nulla in comune con essa.

Il lavoro e l’organizzazione dello stesso hanno dato il primato ai beni prodotti piuttosto che alla persona che li produce, causando quella "cultura" secondo la quale il lavoro è una semplice variabile dell’economia.

La città e lo Stato si sono trasformati da un’amicizia civile che sa mettere il bene comune al di sopra degli interessi, alla coesistenza più o meno regolamentata di egoismi opposti.

Dobbiamo allora concludere che siamo fatti male, avendo un desiderio naturale di associarci, ma non la capacità di attuarlo? Ascoltiamo allora che cosa ci dice la parola di Dio, che narra che cosa è accaduto il giorno di Pentecoste.

 

2. "Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "costoro che parlano non sono forse tutti Giudei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?".

Cari fratelli e sorelle, noi tutti sappiamo che la lingua è il mezzo principale della comunicazione, e la diversità della lingua impedisce di comprenderci. A Pentecoste è stato dato all’umanità disgregata lo Spirito di Gesù Risorto, lo Spirito Santo, il quale costituisce l’unità fra persone umane diverse.

E’ la forza che armonizza le diverse voci; quando gli uomini ricevono la divina persona dello Spirito, diventano in Cristo un solo corpo, la Chiesa. Oggi nasce la Chiesa, come fattore principale dell’unità di tutti gli uomini fra loro e con Cristo [cfr. Cost. Dogm. Lumen gentium I, 1].

Il Vangelo ci rivela la ragione della forza unificante dello Spirito. "Ricevete lo Spirito Santo" dice Gesù agli Apostoli "a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Lo Spirito unisce perché distrugge la causa della dissociazione, della disgregazione delle persone: il peccato. Attraverso la Chiesa, entra nella disunione umana la forza dell’Amore, che libera l’uomo dalla disperazione della sua solitudine.

Ecco, fratelli e sorelle: siamo riuniti per ottenere dal Padre di ogni dono, il dono dello Spirito, che guarisca dalla loro nativa fragilità quei tre fattori di unità delle persone umane.

Vieni, o Santo Spirito, nei matrimoni che stanno fallendo o sono già spezzati, perché tu, ricomponendo i cocci, renda il vaso più bello.

Vieni, o Santo Spirito, nell’organizzazione del lavoro perché in essa la persona non sia mai posposta alla produzione.

Vieni, o Santo Spirito, e rinnova la faccia della terra: la faccia di questa città; della nostra Nazione. Perché in esse nasca la vera amicizia civile, che sa posporre il proprio interesse al bene comune. Così sia.