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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Commemorazione dei fedeli defunti
Chiesa Monumentale di San Girolamo alla Certosa, 2 novembre 2011


Cari fratelli e sorelle, quando in questi giorni veniamo presso la tomba dei nostri cari, ci troviamo di fronte all’enigma più indecifrabile: la morte delle persone amate. Ed è inevitabile che ci interroghiamo sulla loro condizione attuale: che ne è di loro? Sono definitivamente scomparsi nel nulla? Oppure vivono ancora sia pure con una modalità diversa dalla nostra?

Dio è venuto in aiuto alla nostra incapacità di rispondere a queste domande; ci ha dato la risposta nella sua parola. Quale? Iniziamo la nostra riflessione dalla prima lettura, quella del profeta.

1. "Eliminerà la morte per sempre; il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto". Questa è la promessa più grande che Dio ha fatto all’uomo, quella di eliminare la morte per sempre.

La realtà, tuttavia, questo luogo in particolare sembra smentire la promessa che il Signore ci ha fatto mediante il profeta: il luogo in cui ci troviamo dice che la morte non è eliminata; che non sono state asciugate le lacrime su ogni volto.

Cari fratelli e sorelle, è accaduto tuttavia un fatto nel quale la morte è stata eliminata, un sepolcro non ha conosciuto la corruzione di chi vi era stato deposto. E il fatto è la risurrezione di Gesù nel suo vero corpo. È l’unico caso in cui la morte non ha celebrato le sue vittorie. Dio, il Dio della vita, ha investito e come penetrato il corpo esanime di Gesù. E lo ha fatto rivivere di una vita immortale.

Riascoltiamo ora l’apostolo Paolo. "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo". Sia pure brevemente fermiamoci su queste parole:

Ci è stato donato lo Spirito, cioè la fonte stessa della vita eterna [nel Credo non diciamo forse: credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita?]. O meglio: mediante lo Spirito, colui che crede e riceve i santi Sacramenti, viene vivificato dalla vita stessa del Signore risorto. Entriamo in Cristo e quindi con Lui, nello spazio della vita definitiva. Il nostro cibo, l’Eucaristia, è la medicina della immortalità, è il pane della vita eterna.

Ma l’Apostolo dice qualcosa che ci illumina ancora più profondamente di fronte al mistero della morte. Dice che siamo diventati "eredi di Dio" in quanto siamo "coeredi di Cristo". Scrivendo al suo discepolo Tito, l’Apostolo è ancora più esplicito e dice che siamo "eredi della vita eterna" [Tit 3. 7]. E l’apostolo Pietro scrivendo ai suoi fedeli, dice che proprio mediante la risurrezione di Gesù il Padre-Dio ci ha rigenerato "per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce"[1Pt 1, 3-4].

Ecco, fratelli e sorelle, come la promessa fatta dal profeta si è compiuta. Dio ha risuscitato Gesù ed ha impedito che conoscesse la corruzione del sepolcro. Chi crede in Lui e riceve i sacramenti della fede, diventa partecipe della stessa vita immortale del Signore risorto.

2. Ma voi, soprattutto in questi giorni, vi fermerete davanti al sepolcro dei vostri cari e vi chiederete: che ne è di loro? Quale la loro condizione? Se teniamo presente quanto detto finora, il morire significa "essere con Cristo". I nostri cari sono con Cristo. Lui è la vita, e niente e nessuno potrà separarci da Lui. La morte è l’ingresso in una condizione di vita che consiste nel "vivere con Cristo". "Saremo sempre col Signore", dice l’Apostolo [1Tess 4, 17]. Questa è la condizione dei nostri morti.

Certamente il corpo dei nostri cari resta nel sepolcro. Questo ci aiuta a capire una verità assai importante che ci riguarda. La nostra persona non è riducibile al suo corpo. Essa è una realtà spirituale, per sua natura immortale. Noi chiamiamo questa dimensione spirituale della nostra persona "anima". L’anima è ciò che fa di ciascuno di noi una persona immortale, anche quando il nostro corpo si dissolve.

Ecco, fratelli e sorelle: Dio ha risposto alle nostre domande sulla morte e sulla sorte dei nostri cari, perché "non continuiamo ad affliggerci come gli altri che non hanno speranza" [cfr. 1Tess 4, 13].

"Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi ed irremovibili" nella fede in Gesù risorto, "prodigandovi sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore" [1 Cor 15, 58].