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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Commemorazione dei fedeli defunti
Chiesa Monumentale di S. Girolamo, 2 novembre 2010


1. Cari fratelli e sorelle, ci troviamo in un luogo che ispira pensieri gravi e solenni. E siamo aiutati dalla pagina evangelica appena ascoltata.

Essa è fatta propria dalla Chiesa ogni volta che nel grande Credo conclude la sua professione di fede nel mistero di Cristo dicendo: "… di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti". La fede della Chiesa è certa che il Signore Gesù pronuncerà la sua sentenza inappellabile, rendendo a ciascuno secondo le sue opere.

Questa certezza della nostra fede non ci fa guardare solo avanti, ma la prospettiva del giudizio, i cui criteri ci sono rivelati in questa pagina, deve influenzare la nostra vita quotidiana. Da due punti di vista almeno.

Nella pagina del Vangelo appena ascoltata, il Giudice ci rivela in anticipo in base a che cosa saremmo giudicati, secondo – diciamo – quale legge. Saremo giudicati in base al nostro modo di rapportarci agli altri. La legge del giudizio finale è la legge della carità, enunciata da Gesù nel modo seguente: "tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me".

Ma la prospettiva del giudizio finale influenza la nostra vita quotidiana da un altro punto di vista. Esso è fondamento della nostra speranza. La fede nel giudizio finale, la pagina evangelica appena ascoltata, afferma che verrà l’ora – è certo! – in cui sarà finalmente ristabilita la giustizia. Verrà l’ora in cui la "sofferenza" di chi è stato trattato ingiustamente, sarà definitivamente revocata: la sofferenza di chi è stato denudato, affamato … e non vestito, né nutrito.

Voi capite subito, cari fratelli e sorelle, che tutto questo esige un fatto: la morte non dice l’ultima parola; esiste la risurrezione dei morti. Come potete constatare, nella nostra fede ogni verità è collegata ad ogni altra. La pagina del Vangelo sarebbe assolutamente priva di senso se la morte distruggesse totalmente la nostra persona: come potrebbe essere riparata una ingiustizia subita se l’oppressore finisse nel nulla allo stesso modo dell’oppresso? E’ necessario che Cristo venga a giudicare i vivi e i morti; è necessario che i morti risorgano perché l’ingiustizia non dica l’ultima parola. Perché chi ha visto l’affamato e gli ha dato da mangiare non abbia lo stesso destino di chi si è girato dall’altra parte.

2. Cari fratelli e sorelle, fra la nostra morte ed il giudizio finale di cui parla il Vangelo esiste come uno "stato intermedio". E’ in questo stato che possono trovarsi i nostri defunti. Essi non sono semplicemente in una sorta di "custodia provvisoria" in attesa del giudizio finale. Colla morte le scelte fatte in vita diventano definitive, e ciascuno dei nostri morti è già stato personalmente giudicato.

Guardiamo ora, cari amici, alla nostra vita. Essa è spesso una commistione di bene e di male, di egoismo e di carità: che avviene dunque al momento della nostre morte? La risposta ci viene da S. Paolo nella seconda lettura: "se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo … per partecipare alla sua gloria".

L’Apostolo dunque ci dice che noi, mediante la fede, siamo uniti così profondamente a Cristo da essere in Lui figli di Dio. Questo rapporto resiste e non può essere annullato neppure dalla morte, ma possiamo – per così dire – averlo come oscurato con comportamenti non coerenti. E presentarci così al giudizio di Dio subito dopo la morte.

Per togliere le scorie dall’oro lo si mette nel fuoco. Così avverrà per noi. Dopo la morte avremo bisogno come di una purificazione, per divenire veramente noi stessi: figli di Dio in Cristo, in tutto lo splendore della santità esigita dalla nostra condizione.

Cari fratelli e sorelle, a questo punto della nostra meditazione ci incontriamo con una delle verità più consolanti della nostra fede: ai nostri fratelli defunti che si trovano in quella condizione di purificazione noi possiamo dare aiuto mediante l’Eucaristia, la preghiera e l’elemosina. Che cosa grande è la carità! Essa giunge fino all’aldilà; è più forte della morte. La comunione che la fede ha istituito fra noi è tale che niente e nessuno potrà impedirla.

Siamo in questo luogo per questo: aiutare colla preghiera i nostri cari.