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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


DOMENICA XXVII PER ANNUM
Villa Pallavicini, 2 ottobre 2005

1. "Canterò per il mio diletto il mio cantico di amore per la sua vigna". Anche oggi e proprio in questo luogo della carità, il Signore vuole narrarci la storia del suo amore per l’uomo: un amore che si esprime in primo luogo nella sua alleanza con Israele. "Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva vangata …". Così viene riassunta tutta la provvidenza divina nei confronti di Israele: scelto, e poi come collocato e piantato nella terra donata. Il dialogo non si interrompe mai poiché Israele è continuamente visitato dai profeti. Anzi, in mezzo a questo popolo è costruita una "torre", cioè il Tempio, luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

C’è un testo del Vangelo di Giovanni che ci aiuta a capire il senso ultimo della pagina profetica, e che la Chiesa ci ha fatto proclamare prima del Vangelo. Gesù dice di se stesso: "io sono la vera vite". Gesù dunque si identifica con Israele: è Lui quella vite di cui parla il Profeta. Infatti Israele è stato scelto in mezzo ai popoli in vista di Cristo; è stato come piantato sulla terra avuta in dono perché da Lui doveva nascere Cristo; il Tempio è stato costruito perché fosse la preparazione ed il segno del vero Tempio che è Lui.

Il testo che abbiamo proclamato prima della lettura evangelica continua: "chi rimane in me ed io in lui porta molto frutto", e pertanto: "ogni tralcio che in me non porta frutto lo toglie". E siamo così giunti al nucleo del dialogo che il Signore oggi vuole intessere con noi.

Chi è nella vera vite, Gesù, deve portare frutto. La cura amorevole che Dio ha nei nostri confronti esige un risposta adeguata da parte della nostra libertà. Il Padre ci ha scelti e ci ha inseriti in Cristo perché fossimo "santi ed immacolati al suo cospetto nella carità". Ecco, questo è il frutto vero della nostra inserzione in Cristo: la carità.

2. Carissimi fedeli, dicendo questo nome – carità, amore – pensiamo già di saperne il significato. In realtà non è così. L’uomo prima di Cristo non sapeva la verità circa l’amore: "in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi" [1Gv 4,10]. È solo alla scuola di Gesù che noi impariamo questa che è l’unica scienza veramente indispensabile: la scienza dell’amore.

Dove si trova questa scuola? essa è semplicemente la celebrazione dell’Eucarestia, poiché Cristo è salito in cattedra per insegnarci questa scienza quando è salito sulla Croce. E l’Eucarestia è la celebrazione del sacrificio di Cristo sulla Croce.

Non ci resta che fare nostra la preghiera della Chiesa: la comunione al sacramento del Corpo e del Sangue dei Signore ci trasformi in Lui e ci doni la capacità di amare come Cristo ha amato, fino al dono della vita. È questo il frutto che il Padre aspetta dalla sua vigna, la Chiesa.