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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Prima Domenica di Avvento (Anno A)
Santi Gregorio e Siro - Bologna, 1 dicembre 2013

Con questa prima domenica di Avvento la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico. Vivremo le nostre giornate e settimane nel ricordo di Cristo, e di domenica in domenica faremo memoria dei suoi misteri. Essi non sono solamente avvenimenti ormai lontani nel tempo, ma la loro efficacia redentiva ci raggiunge, oggi, mediante la celebrazione liturgica che ne facciamo.

Il tempo di Avvento è un tempo di quattro settimane circa.

E’ come un cammino di quattro tappe che ci conduce al luogo dove si manifesta "il Salvatore, il Cristo Signore" [Lc 2, 11].

Questa prima domenica congiungendosi idealmente con domenica scorsa, ci invita a rivolgere il nostro sguardo verso la fine ed il fine di tutta la storia umana, la venuta gloriosa del Signore Gesù. Il re glorioso che verrà alla fine dei tempi è il bambino che vedremo a Bethleem.

 

1. Riascoltiamo nel cuore la prima lettura. La fede è come uno strumento endoscopico che ci dona la possibilità di vedere dentro la vicenda della storia umana.

Questa ci appare solamente come una grande confusione, percorsa da divisioni, contrapposizioni, lotte e guerre. Ma il Signore mediante la parola profetica ci fa guardare dentro a tutta questa vicenda. E ci rivela che la corrente più profonda della storia è il cammino verso l’unità. Non l’unità imposta da uno più forte di tutti ai più deboli. Ma quella che nasce dal riconoscimento dello stesso ed unico vero Dio, e dalla obbedienza alla sua santa Legge.

Riascoltiamo: "ad esso [=al tempio del Signore] affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri".

Cari fratelli e sorelle, la nostra vita, così come tutta la vicenda umana, è un cammino verso il Signore; un cammino verso il suo incontro, "perché ci indichi le sue vie" e possiamo vivere secondo la sua parola.

 

2. Quando il nostro cammino avrà termine? Quando incontreremo definitivamente il Signore? Il santo Vangelo risponde a questa domanda. Ed è una risposta un po’…strana.

Nella frase immediatamente precedente il brano evangelico letto, il Signore dice: "quanto poi alla data di quel giorno e all’ora esatta, nessuno la conosce: neppure gli angeli in cielo e neppure il Figlio. Soltanto il Padre ne è a conoscenza". E’ inutile fare pronostici circa la fine del mondo. E chi ne ha fatti è stato puntualmente smentito.

Ed allora come deve essere la nostra attitudine di fronte ad un evento, la venuta e l’incontro col Signore, di cui non possiamo conoscere il giorno e l’ora? sono possibili due attitudini: una stolta; una sapiente.

L’attitudine stolta è descritta da Gesù rifacendosi ad un evento passato molto minaccioso. I contemporanei di Noè, vivendo senza nessuna avvertenza, "non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti". La rievocazione di quel fatto ha qualcosa di minaccioso, a causa dell’indifferenza e del disinteresse.

L’attitudine sapiente è descritta da Gesù con una brevissima parabola: "se il padrone di casa sapesse in quale ora…". L’incertezza dell’ora in cui il Signore verrà deve suggerirci di stare all’erta; di stare pronti; di montare costantemente la guardia; di prepararci all’incontro.

Per sottolineare la profonda diversità fra le due attitudini, e le conseguenze finali a chi porta ciascuna di essa, Gesù ci dice in maniera molto cruda che il suo incontro avrà un carattere di giudizio, cioè di separazione definitiva degli uomini, colti là dove essi vivono la loro vita quotidiana.

"Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata". Per l’uno/a l’incontro col Signore – atteso e preparato nella vigilanza – sarà la Salvezza eterna: "sarà preso"; per l’altro/a l’incontro col Signore – non atteso e non preparato nella vigilanza – sarà la perdizione eterna: "l’altro/a [sarà lasciato]"

La conclusione di Gesù allora è semplice: "vegliate dunque, perché non sapete quando il Signore nostro verrà".

 

3. L’apostolo Paolo nella seconda lettura ci viene in aiuto nella nostra condizione di attesa.

Egli fa un’affermazione importante: "la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti". Cioè: ogni giorno che passa il Signore si avvicina.

L’apostolo usa un’immagine molto significativa: "la notte è avanzata, il giorno è vicino". Se – ci dice l’apostolo – paragoniamo la nostra vita presente alla notte, e l’incontro col Signore al giorno, dobbiamo dire che buona parte della notte è trascorsa ed ormai sta per spuntare il giorno.

Ora nel risveglio noi cambiamo abito: ci togliamo il pigiama o la vestaglia e ci mettiamo gli abiti del giorno.

In senso più profondo: "gettiamo via….le opere delle tenebre". Quali? "gozzoviglie e ubriachezze, impurità e licenze, contese e gelosie". E "indossiamo le armi della luce", cioè "rivestitevi del Signore Gesù Cristo". Non si poteva dire con più chiarezza come dobbiamo vivere questa attesa della venuta del Signore.

 

In conclusione dunque, ricordiamo con tre parole quanto il Signore oggi ci ha detto: camminare [verso il Signore], attesa [del suo incontro], vestirci di Gesù.