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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


VEGLIA per la PACE
S. Giorgio 31 dicembre 2002

Questo è un momento di preghiera e di riflessione. La preghiera e la riflessione hanno un obiettivo comune: convertire il nostro cuore ed il nostro modo di pensare ad atteggiamenti di pace.

Invitandoci a riprendere fra le mani un testo fondamentale del Magistero della Chiesa, la Lett. Enc. Pacem in terris [d’ora in poi PT] del b. Giovanni XXIII, il S.Padre Giovanni Paolo II ci chiede di riscoprire le radici della pace: in noi e nella società perché diano frutti di pace. Quali sono queste radici?

1. Il bisogno della pace si avverte all’interno di quattro spazi che sono come quattro cerchi a raggio sempre più ampio, ma aventi lo stesso centro. I quattro cerchi corrispondono alle fondamentali quattro configurazioni che assumono i rapporti fra le persone: fra persona e persona in ogni rapporto interpersonale; fra cittadini ed autorità politica all’interno del proprio Stato; fra le comunità politiche all’interno della comunità mondiale; fra le singole persone, famiglie, società intermedie, Stati da una parte e Società internazionale dall’altra.

Secondo PT questi quattro cerchi hanno un solo centro: la persona umana, nel senso che di ognuno di quei quattro cerchie essa è il fondamento, il fine, il soggetto ["in una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera…"; EE 7/549].

L’affermazione della centralità della persona è oggi particolarmente urgente per una duplice serie di motivi. Quel processo di "globalizzazione" cui oggi assistiamo sempre più ampio e sempre più profondo, rischia di ridurre le singole persone ad un momento di un processo, ad un frammento di un tutto in costruzione. Ma soprattutto assistiamo oggi ad una degradazione della persona all’interno della coscienza della persona stessa: ogni uomo perde la stima di se stesso di fronte a se stesso. La progressiva riduzione dell’originalità propria della persona nell’universo dell’essere ha dato il suo frutto.

Questo punto centrale nella costruzione della pace – l’affermazione della centralità della persona – ha una conseguenza immediata, sulla quale sia PT [cfr. EE 7/577] sia il Messaggio di Giovanni Paolo II insistono meritatamente: la natura dei rapporti fra gli uomini, di ogni rapporto all’interno di ciascuno di quei quattro cerchi di cui parlavo, è di ordine morale. La stoffa, se così posso dire, di cui è intessuta ogni società umana è di ordine morale. E’ un punto, questo, su cui vi invito oggi a riflettere, poiché oggi questa verità è insidiata da quel dogma materialista secondo il quale la natura dei rapporti fra le persone appartiene all’ordine dell’utile, non del bene. Che cosa significa "di ordine morale"? che ha la regola del rapporto fra le persone è un’esigenza che si trova inscritta nella natura stessa della persona umana come tale, indipendentemente dalle sue condizioni. Per cui – ed è forse questo l’insegnamento più importante sia di PT sia del Messaggio – la pace non si edifica se non si assume come fondamento dei rapporti la verità, come obiettivo la giustizia, come ispirazione la carità, come metodo la libertà. Sono questi i quattro pilastri di ogni rapporto fra persone che voglia essere un rapporto pacifico.

Come fondamento la verità: in primo luogo la verità sull’uomo. Fondare la pace sulla verità significa che i rapporti umani non sono basati semplicemente sulle convenzioni negoziate. Essi, sia pure mediante le convenzioni, rimandano ad una realtà che si impone a tutti: la realtà della persona e del suo bene integrale.

Come obiettivo la giustizia: nel senso che gli esseri umani nell’incessante comporre e ricomporre i loro rapporti devono essere sempre considerati e trattati come "qualcuno" e non come "qualcosa", come "fini" mai semplicemente come "mezzi".

Una delle ragioni più importanti della grave crisi in cui versano i rapporti fra le persone in tute e quattro i cerchi di cui sopra, è stata la separazione della giustizia dalla verità. In sostanza: si tende a ridurre la giustizia al rispetto della legalità delle regole del gioco, senza preoccuparsi eccessivamente delle esigenze proprie di chi ha diritto di partecipare al gioco.

Come ispirazione la carità: è il vero tessuto connettivo di ogni società umana perché è l’unica forza, la carità, che non oppone il bene proprio al bene dell’altro. La carità ci pone quindi dentro a quell’orizzonte del "bene comune universale" di cui PT [cfr. EE 7/672-675] parla lungamente e sul quale il Messaggio riflette profondamente [cfr. n° 5].

Come metodo la libertà: è questo il modo umano di sottomettersi alla verità, di attuare la giustizia, di vivere nella carità. E’ necessario che, soprattutto chi ha responsabilità educative rifletta sulla progressiva mancanza di libertà su cui sono oggi incamminate tante persone. Il segno di questa invadente e pervasiva schiavitù è la riduzione della libertà a spontaneità, quando non ad istintività.

Verità, giustizia, carità, libertà: sono questi i quattro punti cardinali che strutturano un vero spazio di pace per l’uomo.

2. Stiamo compiendo questa riflessione all’interno di un momento di preghiera per la pace. Questo contesto ci porta ad un’ultima grave considerazione.

E’ un dato pacificamente ammesso da tutti gli storici che l’uomo ha avuto piena consapevolezza della sua dignità di persona solo nella luce della Rivelazione cristiana. Questa infatti ha manifestato all’uomo che Dio ha una cura immensa dell’uomo; sente un’infinita compassione per ogni persona umana. E l’uomo, scoprendosi oggetto di un tale amore, ha concluso di godere agli occhi di Dio di un’infinita importanza e preziosità. Potremmo chiamare tutto questo la dimensione antropologica del mistero natalizio che stiamo celebrando, riflesso della dimensione divina dello stesso mistero. E la connessione è stata mirabilmente espressa dal detto dei Padri: "Dio si è fatto uomo, affinchè noi diventassimo dei" [S.Atanasio, De incarnatione Verbi 54; PG 25, 191-192].

Chiediamoci: è possibile custodire intatta questa consapevolezza della propria dignità separandola dalla radice che l’ha fatta fiorire? L’impresa è stata tentata ed i risultati sono stati negativi sul piano teorico e tragici sul piano pratico. Né poteva essere diversamente. Alla fine ciò che misura la tua grandezza è la realtà davanti alla quale ti senti grande. Un pastore si sente grande davanti alle sue pecore: la misura della sua grandezza è data dalla grandezza… delle pecore. O l’uomo si sente grande davanti a Dio o progressivamente verrà privato della sua dignità.

Il primo servizio alla pace che ognuno di noi può fare è di essere testimoni di Cristo: è in Lui che l’uomo sa la sua dignità.