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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


NATALE DEL SIGNORE: MESSA DELLA NOTTE
Cattedrale 24 dicembre 1999

1. "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse." La descrizione che il profeta fa di un fatto accaduto al popolo ebreo prefigurava ciò che è accaduto in questa notte duemila anni fa, e che in modo misterioso ma reale accade ora nella persona del credente. Quale avvenimento? Un "popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce e su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse". Non solo, ma lo splendore di questa luce moltiplicò la gioia nel cuore dell’uomo ed aumentò la sua letizia, dal momento che essa spezzò il giogo che opprimeva la persona umana e la sbarra che gravava sulle sue spalle. L’avvenimento dunque descritto dal profeta consiste nell’accendersi di una luce dentro al mondo degli uomini, che genera nel loro cuore una gioia, dal momento che l’uomo da quella luce è liberato dalla sua schiavitù. Luce che dona vera libertà e quindi gioia nel cuore.

Il profeta sta descrivendo un "sogno", una "utopia" oppure un "fatto" realmente accaduto? Riascoltiamo la parola dell’apostolo.

"Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini". Da queste parole veniamo a conoscere perché "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce"; perché "su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse": perché "è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini". E’ cioè risultato chiaro quale è l’atteggiamento di Dio verso l’uomo: è atteggiamento di grazia e di misericordia! E’ questa la luce che illumina le nostre tenebre: la certezza che siamo amati da Dio. "Finché lo [= il suo progetto] teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall’inizio, ci concesse insieme ogni cosa" [A Diogneto VIII, 10-11; I padri apostolici, CN ed., pag. 359]. Non siamo consegnati ai giochi fortuiti del caso; non siamo consegnati ad un destino indecifrabile ed oscuro: siamo sostenuti nella leggerezza del nostro essere dalla grazia e dall’amore di Dio. L’uomo è giunto a questa certezza in questa notte: ecco perché in questa notte, l’uomo ha trovato per la prima volta la salvezza intera di se stesso. Ha scoperto per la prima volta il senso della sua vita e quindi ha avuto coscienza della dignità della sua persona. Il sapersi venuto al mondo non per caso ed il sapersi non destinato alla morte eterna, in quanto amato da Dio, svela a ciascuno di noi la verità su se stesso. "L’uomo … non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città umana" [Cost. Past. Gaudium et Spes 14,3]. Apportatrice di salvezza è la grazia di Dio apparsa questa notte, perché svelando il cuore di Dio nei confronti dell’uomo, ha svelato anche pienamente l’uomo a se stesso. Quale valore l’uomo deve avere davanti agli occhi di Dio, se è da Lui amato!

Il profeta aveva presagito che questa verità avrebbe spezzato il giogo che opprimeva l’uomo e la sbarra che gravava sulle sue spalle. E l’apostolo, nella seconda lettura, ci assicura che la grazia di Dio apparsa in questa notte, insegna all’uomo "a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo". Dal confronto dell'insegnamento profetico con l'insegnamento apostolico risulta che la liberazione di cui parla il profeta consiste nel fatto che viene donata all’uomo la capacità di rinnegare l’empietà, i desideri mondani e di vivere con sobrietà, con giustizia e con pietà. E’ una liberazione dal male e una liberazione per il bene. La grazia di Dio apparsa questa notte educa cioè l’uomo all’esercizio di una libertà vera. Il legame che il profeta e l’apostolo istituiscono fra la luce-verità e la libertà racchiude un’esigenza imprescindibile ed un severo ammonimento: l’esigenza di conoscere la verità di sé stessi davanti a Dio come condizione della nostra libertà; l’ammonimento perché l’uomo non confonda la libertà vera con quell’apparente e sia evitata ogni libertà superficiale che non penetri dentro a tutta la verità dell’uomo. E’ solo la grazia apparsa questa notte che, penetrando sul suo spirito, difende l’uomo da tutto ciò che limita, menoma ed estingue nella coscienza e nel cuore la vera libertà.

2. "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia". La grazia di Dio apparsa questa notte ha un nome: Gesù Cristo. "Diede alla luce": dice il testo evangelico! Queste parole, così semplici e grandi, che ogni popolo usa per descrivere la nascita di un bambino, acquistano questa notte un significato eminente. Appare la grazia di Dio perché Maria diede alla luce il suo figlio primogenito: viene nella nostra momentanea luce creata la luce increata del Verbo fattosi uomo e la gloria del Signore avvolge di luce i pastori ed ogni uomo.

Il Verbo diviene carne, prende forma umana, perché apparisse visibilmente la grazia di Dio. Perché in Cristo è chiaro quali siano i pensieri di Dio sull’uomo: sono pensieri di grazia e di misericordia. Perché in Cristo è chiaro a quale destino ogni uomo è destinato: vivere della stessa vita di Dio. Appare la grazia in Cristo perché Egli, in questa notte, "proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" [Cost. Past. Gaudium et Spes 22,1].

Carissimi fratelli e sorelle, quando lasceremo lo splendore di questa Cattedrale , rimanga nel mostro cuore la luce accesa dalla grazia di Cristo: la certezza che davvero preziosa è ogni persona umana agli occhi di Dio.