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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


OMELIA ALLA MESSA DEI GIOVANI
DOMENICA 22 ottobre 1995

Il Vangelo ci disturba sempre, nel senso che esso risponde ai nostri desideri in un modo molto diverso da come possiamo prevedere.
 I nostri desideri: nella pagina del Vangelo si parla di uno dei nostri desideri più profondi, il desiderio di giustizia.
 La giustizia è il dominio della verità nei rapporti umani. Questi sono rapporti giusti , quando la libertà di chi li costituisce, riconosce la dignità di ogni persona umana. Chi di noi non sente una profonda sofferenza nel suo cuore, quando non è trattato giustamente, quando cioè è trattato come “qualcosa” e non come “qualcuno”? Questa tremenda situazione è simbolizzata oggi nel vangelo dalla figura di una vedova, nella prima lettura dalla figura del popolo di Israele in cammino dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà della terra promessa.

Consideriamo dapprima la prima figura, quella della vedova.
La vedova nelle società antiche era l’emblema della povertà, della debolezza e dunque esposta ad ogni sopruso. Scopriamo qui una dimensione propria dell’ingiustizia: essa colpisce sempre il debole. L’ingiustizia è sempre oppressione, violenza.
 Consideriamo la seconda figura, quella del popolo ebreo.
 Esso ci viene descritto nel momento in cui sta combattendo. Scopriamo qui un’altra dimensione propria dell’ingiustizia: essa causa sempre contrasti, conflitti e guerre. La pace è frutto solo della giustizia.
 Ecco, questa è la situazione che le pagine della S. Scrittura oggi ci descrivono. Una situazione cioè in cui il debole è oppresso, in cui la mancanza di giustizia causa conflitti: in una parola, una situazione di ingiustizia.

Ovviamente, però, il Signore ci parla non per dirci questo. Siamo in grado di vedere anche soli che questa spesso è la situazione in cui viviamo. Ed allora che cosa il Signore intende dirci oggi ? E’ a questo punto che il Vangelo ci sconvolge e ci sradica dal nostro comune modo di pensare.
In merito a che cosa ? In merito alla strada che Esso ci indica per ottenere giustizia.
 Come l’uomo può instaurare la giustizia ? Pregando che Dio faccia giustizia. Non è Giosuè coi suoi soldati che fa giustizia, ma Mosé colla sua preghiera; la vedova ottiene giustizia solo colla forza della sua insistente preghiera.
 Posso già immaginare quale sarà stata la vostra reazione di fronte a questa soluzione evangelica del problema dell’ingiustizia: la reazione di chi pensa che credere di risolvere il problema dell’ingiustizia colla preghiera rasenta il ridicolo. Ed infatti lungo la storia, questa “soluzione evangelica” è stata rifiutata costantemente da due punti di vista.

O insegnando che questa soluzione avrebbe reso gli uomini non solo incapaci di combattere l’ingiustizia, ma anche insensibili ad essa, sospingendoli verso un mondo inesistente.
Oppure usando di questa soluzione per mantenere gli uomini nell’ingiustizia.
In ogni caso, la soluzione evangelica si sarebbe rivelata alla prova dei fatti inetta.
Ma le cose stanno veramente così ? Ecco fratelli e sorelle carissime, dobbiamo aprire il nostro cuore ad ascoltare docilmente il Vangelo del Signore.

1. Il credente sa che la giustizia è dono, è opera di Dio: è una verità centrale, questa . “Se il Signore non costruisce la casa .......se il Signore non custodisce ....”.  Certo, possono esistere, sono esistite ed esisteranno società e Stati non cristiani; ma non possono esistere stati e società atee. L’ateismo genera rapporti sociali che, nella migliore delle ipotesi, si riducono ad essere fragili miracoli di convergenze di interessi opposti, non comunione, condivisione di persone. E’ questa la radice più profonda del nostro malessere contemporaneo: aver eliminato la Presenza di Do dalla nostra vita; aver censurato la domanda religiosa, giudicandola inutile e priva di senso. Si è anzi andato ben oltre l’ateismo, che pure conserva in sé una sua tragica serietà.  Si è detto: ” che Dio ci sia o non ci sia, non importa, dal momento che, nell’un caso come nell’altro, la vita dell’uomo uomo non cambia”. Il credente sa che i destini della persona sono decisi nella coscienza di ogni uomo, di fronte a Dio.

2. La prima, ovvia conseguenza di questa certezza è , allora, che il credente chiede al Signore che compia la sua opera, che realizzi la sua giustizia: è, appunto, la preghiera. In questo essa consiste: in una richiesta insistente del Regno di Dio e della Sua Giustizia, richiesta che tiene desto il nostro desiderio di Lui e ci preserva dal cadere nella tentazione radicale di accettare le cose così come vengono, annoiati nella nostra sazietà. Comprendiamo perché “bisogna pregare sempre e non stancarsi mai” come dice il Vangelo . Siamo infatti continuamente nel pericolo di spegnere in noi il desiderio e la passione di vivere: la preghiera lo tiene desto. L’insidia della rassegnazione ci investe  da ogni parte: la preghiera tiene viva nel nostro cuore quell’insoddisfazione, quella fame che può saziarsi solo nel regno di Dio e nella sua giustizia. Poiché il vostro dramma non è quello di volere troppo. E’ di desiderare troppo poco se desiderate meno di Dio stesso.

La preghiera eucaristica che stiamo facendo è già questo desiderio di incontrare il Signore, finché “si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo”.