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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SABATO SANTO 2000

1. "O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore". Così il diacono ha proclamato il mistero incomparabile di questa notte che stiamo trascorrendo vegliando: il mistero del ricongiungimento della terra al cielo, dell’uomo al suo Creatore.

L’origine di questa santa veglia è assai antica. Essa è la memoria della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto, prefigurazione di ciò che sta ora accadendo fra noi, poiché quella liberazione è il "paradigma" di ogni liberazione che Iddio compie nei confronti della persona umana.

Ascoltando attentamente la terza lettura possiamo capire in che cosa è consistita la liberazione di Israele: anzi ogni vera liberazione dell’uomo. Il termine di partenza è la condizione di un popolo che vive in una società, quella egiziana, che adora idoli e non il vero Dio. E’ questa l’origine ultima della schiavitù dell’uomo: legare o condizionare la riuscita della propria vita, la "realizzazione di se stessi", ad una creatura, incaricandola di essere risposta intera ai bisogni dell’uomo e ai desideri del suo cuore. E’ inganno tragico, poiché questa creatura [denaro, prestigio, potere …] non può mantenere ciò che promette, non potendo porre chi li serve nella condizione di realizzarsi e di soddisfare più in fondo i veri desideri del cuore.

La meta del gesto liberatorio che compie il Signore è precisa, aveva un luogo ed un fatto cui mirava: l’incontro col Signore Iddio sul monte Sion. "Fai entrare" abbiamo cantato "il tuo popolo e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani hanno fondato". Ed in quell’incontro il Signore dona la sua Legge, che è la strada della vera libertà. Attraverso la sua Legge, Iddio stesso ora istruisce l’uomo e lo guida alla vera realizzazione di se stesso. Se l’assenza di libertà è la pratica impossibilità dell’uomo di realizzare se stesso, questa notte è veramente l’inizio della liberazione di ogni uomo a partire da Israele. In questa notte per la prima volta si è acceso per Israele il primo albore, il primo baluginìo di conoscenza di ciò che una persona umana è, di ciò che una persona umana è chiamata a vivere: uno stupendo rapporto di intimità con Dio dentro alla sua Casa, da cui viene luce e forza – cioè la Legge – per vivere degnamente la vita umana in ogni suo aspetto. "Ascolta, Israele, i comandamenti della vita … cammina nello splendore della sua luce… perché ciò che piace a Dio ci è stato rivelato", ci ha appena detto il profeta Baruc. Ecco le dimensioni essenziali, potenti, della nostra vera liberazione: l’uomo è ricondotto nell’alleanza col Dio vero e vivo in una sconvolgente intimità; in essa l’uomo riscopre la verità di se stesso; la libertà come capacità di realizzarla. "O notte veramente gloriosa, che ricongiungi la terra la cielo e l’uomo al suo creatore".

2. Ma, carissimi fratelli e sorelle, abbiamo letto una pagina del profeta Ezechiele che sembra contraddire tragicamente quanto detto finora. Essa dice: "la casa di Israele, quando abitava il suo paese [dunque si parla di Israele già liberato!] lo rese impuro con la sua condotta e le sue azioni… Li ho dispersi fra le genti". La liberazione è fallita: il destino dell’uomo è la dispersione, la disgregazione della sua identità, la schiavitù? di che cosa ha veramente bisogno l’uomo per non perdere se stesso, cioè la sua libertà? Ascoltiamo ancora il profeta: "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati…". Ecco, il punto è questo: è il cuore dell’uomo la sede della sua schiavitù. L’uomo è schiavo perché lo è nel suo cuore. "Vi darò un cuore nuovo" ha promesso Iddio. Questo è accaduto? Il Signore Iddio ha già mantenuto questa promessa? E’ questo compimento che questa notte celebra. Noi questa notte celebriamo il dono fatto all’uomo di un "cuore nuovo".

Nel solenne annuncio della Pasqua, il diacono ha cantato: "egli [Gesù Cristo] ha pagato per noi all’eterno Padre il debito di Adamo e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica". Si, proprio Cristo ha pienamente corrisposto all’eterno amore del Padre, a quella paternità che sin dal principio si è espressa nella creazione del mondo. Ha pienamente corrisposto a quella paternità e a quell’amore di Dio respinti dall’uomo con la rottura delle varie alleanze che molte volte il Signore gli aveva donato. La vera liberazione "è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia in un cuore umano: nel cuore del Figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio primogenito sono stati fin dall’eternità, predestinati a divenire figli di Dio (cfr. Rom 8,29ss; Ef 1,8) e chiamati alla grazia, chiamati all’amore" [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis 9,1; EE 8,25].

E’ questa giustizia che viene donata questa notte all’uomo attraverso il sacramento del battesimo e dell’Eucarestia. In questa stessa notte in cui celebriamo la grandezza dell’amore di Dio, no celebriamo la nascita dell’uomo nuovo: la ri-creazione della persona umana. "ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova, e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principio di tutte le cose" [Colletta dopo la VII lettura].