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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


V DOMENICA DI PASQUA
Cresime a Porto Garibaldi 21 maggio 2000

"Io sono la vite, e voi i tralci".

Carissimi fratelli e sorelle, vi dicevo che la celebrazione pasquale ci introduce sempre più profondamente in una relazione personale col Signore risorto. E la parola evangelica svela la profondità di questo rapporto.

Domenica scorsa Gesù si era servito della metafora del pastore e del gregge. Metafora, come abbiamo visto, carica di significato. Essa però non diceva l’intera verità del nostro rapporto col Signore risorto: fra il Pastore ed il gregge infatti resta sempre una separazione. La metafora invece di cui si serve oggi la parola evangelica ci fa capire meglio quanto sia profonda, quanto sia intima la relazione fra il Signore risorto e ciascuno dei suoi discepoli: si costituisce una vera e propria "unità" fra i due.

"Io sono la vite e voi i tralci": così è descritto il mistero di questa unità. Con questa immagine, Gesù il Signore Risorto vuole dirci che Egli è la sorgente della vita, e della vera e perfetta beatitudine. Questa vita e perfetta beatitudine partendo da Lui, raggiunge e penetra i suoi discepoli uniti a Lui: essi vivono in Lui e della sua stessa vita. Infatti, come dice S. Paolo, "chi si unisce al Signore forma con Lui un solo spirito" [1Cor 6,17]. "Come infatti il tronco della vite comunica ai tralci la sua qualità naturale, così il Verbo unigenito di Dio Padre comunica quasi una certa parentela della sua stessa natura ai santi, donando lo Spirito Santo" [S. Cirillo d’Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni/3, CN ed, Roma 1994, pag. 186]. Dunque, carissimi fratelli e sorelle, questa è la possibilità offerta a ciascuno di noi: il Risorto in noi e noi nel Risorto così come il ceppo è nei tralci ed i tralci sono nel ceppo. E’ questo il grande avvenimento della salvezza dell’uomo: la vita di Cristo in noi.

Ma la parola evangelica ci suggerisce anche come si costituisce questa unità della nostra persona colla persona del Signore risorto. Nel testo evangelico è detto: "voi siete già mondi per la parola che vi ho annunziato"; e poco dopo: "se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi". La nostra relazione con la persona di Gesù si costituisce mediante la fede, in quanto con essa noi ascoltiamo la parola del Signore e vi prestiamo obbedienza. E’ la fede che ci apre alla verità. Gesù è la vite da cui noi attingiamo la vita, perché Egli è la verità, cioè la perfetta rivelazione del Padre. Già nella esperienza del popolo ebreo questa era una certezza incrollabile: la vita di Israele dipendeva esclusivamente dal rimanere dentro alla rivelazione della Legge donata al popolo. Ogni volta che Israele se ne distaccava, perdeva se stesso. E’ Gesù la Verità che libera. Carissimi fratelli e sorelle: fuori da questa obbedienza della sua parola, se noi non dimoriamo in essa, siamo destinati a perire. Perdiamo noi stessi,perché abbiamo smarrito la misura vera del nostro vivere.

Infine la parola evangelica ci dice anche che l’unione dell’uomo con il Signore risorto "fa molto frutto": l’essere in Cristo genera una esistenza nuova. In che cosa consiste questa novità? Quale è questo frutto abbondante prodotto da chi rimane in Cristo? La risposta la troviamo esplicitamente nella seconda lettura, dove è scritto: "chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio e Dio in Lui". Dunque, il frutto che i tralci producono consiste nell’osservanza del comandamenti del Signore. Chi è nel Signore diviene capace di vivere ed agire come Lui ha vissuto ed operato: "chi dice di dimorare in cristo, deve comportarsi come Lui si è comportato" [1Gv 2,6]. L’uomo è l’unica creatura che trova se stessa nel dono di sé: l’uomo in Cristo raggiunge quella pienezza di umanità, che da sempre desiderava, perché diventa capace di amare. Produce il frutto di un’umanità vera: l’amore che si dona. E pertanto l’uomo che è in Cristo come il tralcio nella vite, diventa capace di costruire autentiche comunità umane: capace di sposarsi, di donare e di educare la vita, di lavorare e di impegnarsi a costruire un sociale degno dell’uomo.

2. Carissimi cresimandi, questa parola evangelica vi fa capire il significato profondo del sacramento che state ricevendo. Attraverso l’imposizione delle mani e l’unzione del S. Crisma lo Spirito Santo viene a dimorare in voi: a fare che cosa? Ad unirvi profondamente a Cristo; ad innestarvi in Lui, come un tralcio è innestato nella vite; a farvi essere pienamente di Cristo.

Quali frutti lo Spirito Santo vi renderà capaci di produrre? Ascoltate che cosa vi dice S. Paolo: "il frutto dello Spirito Santo… è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" [Gal 5,22]. Da questa sera, inseriti in Cristo, voi diventate capaci di fare tutti questi frutti. Certamente, usciti di qui, potete anche decidere di dimenticare tutto, di vivere come se non foste mai stati cresimati: potete rovinare tutto! Gesù aveva già previsto questa possibilità: "chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano".

Rimanete fedeli nella comunità cristiana: alla catechesi, alla S. Messa festiva, alla vostra preghiera quotidiana. E la gioia stessa di Cristo dimorerà nel vostro cuore.