home
biografia
video
audio
english
español
français
Deutsch
polski
한 국 어
1976/90
1991/95
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


OMELIA PER L'OTTAVA DI PASQUA
19 aprile 1998

La celebrazione della Pasqua dura, ad iniziare da domenica scorsa, per sette settimane e si concluderà nel cinquantesimo giorno, il giorno della Pentecoste. Durante questi cinquanta giorni, soprattutto attraverso la celebrazione festiva dell’Eucarestia, il Padre nostro che è nei cieli, vuole attirarci al suo Figlio unigenito. Perché possiamo incontrarlo e credendo in Lui risorto dai morti, avere la vita eterna.

1. La pagina del Vangelo descrive questo incontro dell’uomo col Risorto e le condizioni perché esso possa accadere nella nostra vita.
L’incontro dell’uomo col Risorto viene descritto così: “venne Gesù, si fermò in mezzo a loro… mostrò loro le mani ed il costato … alitò su di loro”, e queste sono le azioni compiute da Gesù. Le sue parole: “pace a voi … ricevete lo Spirito Santo”. Le parole spiegano i gesti.
E’ un avvenimento di presenza (si fermò in mezzo a loro): è la sua Persona a venire, a fermarsi in mezzo ai discepoli. Non è solo un ricordo di una presenza sperimentata nel passato; non è solo la memorizzazione del suo insegnamento: un raccontarsi ciò che Egli aveva detto e fatto. Egli era morto, ma ora vive per sempre ed è presente in mezzo a noi. Come si mostra e di-mostra? come si dà a vedere nella sua identità? “mostrò loro le mani ed il costato”: i segni della sua crocifissione. Egli si mostra come Colui che è morto e che custodisce intatti, anche nella sua vita eterna, i segni della sua passione. Sia perché nessuno dubiti che il Risorto è lo stesso Crocefisso, sia perché si riconosca che la sua morte lo ha per così dire come eternamente “fissato” nel suo amore, nel suo dono per l’uomo: per sempre. “Egli resta per sempre, poiché Egli ha offerto se stesso una volta per sempre”. Egli non ha più mutato il suo “essere-totalmente-per noi”. Ecco, fratelli e sorelle: questa presenza noi dobbiamo sentire viva in questi cinquanta giorni.
Una presenza che trasforma la vita di chi incontra il Risorto. Perché? Perché Egli compie sui discepoli un gesto che a noi oggi può sembrare strano, “alitò su di loro”, ma che si comprende benissimo se teniamo presente la tradizione biblica e le parole che accompagnano questo gesto.
La tradizione biblica. La S. Scrittura descrive la creazione dell’uomo in questo modo: “il Signore Iddio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7). Attraverso questa descrizione così semplice, viene descritto l’intero paradosso dell’esistere umano: costituzionalmente fragile (plasmato, fatto di polvere), ma dotato di un alito di vita che viene da Dio. L’uomo si scopre, esistenzialmente, misero se visto nella sua origine e grande se visto nel suo rapporto diretto con Dio. Rompendo col peccato questo rapporto, egli si trova nelle mani solo la sua miseria: “Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell'uomo”(Gen 6,3a).
Se tenendo conto di questa tradizione biblica, ritorniamo ora alla pagina evangelica, essa risulta chiara. All’uomo destinato a morire, il Risorto, “colui che ha potere sopra la morte e sopra gli inferi”, viene ridonato lo Spirito fonte di vita: che dà la vita. L’uomo è ri-generato nella sua originaria grandezza nell’incontro col Signore Risorto. Sono i cinquanta giorni della nostra rigenerazione, della nostra nobilitazione.
La conferma di questa Presenza  e dell’incontro accaduto è descritto semplicemente così: “e i discepoli goderono al vedere il Signore”. L’incontro genera gioia. Perché? Perché la presenza del Risorto non si impone, ma “si comunica attraverso la dinamica più consona e rispettosa della conoscenza umana: Egli, infatti, si rivela come una presenza che corrisponde in modo eccezionale ai desideri più naturali del cuore e della ragione umana” (L. Giussani). Quando l’uomo vive questa corrispondenza, è nella gioia.
In conclusione, fratelli e sorelle: ricevendo in questi cinquanta giorni lo Spirito, saremo resi capaci di vivere la Presenza di Cristo in mezzo a noi, e questa è la nostra gioia.

2. Ma la seconda parte del Vangelo ci descrive le condizioni e le difficoltà che l’uomo, Tommaso, incontra per “percepire-vedere” questa Presenza. Fratelli e sorelle, avremo modo di ritornare altre volte su questo. Per ora mi accontento solo di due accenni.
Tommaso è stato rimproverato perché all’inizio si è come chiuso e non ha dato credito alla testimonianza di coloro che dicevano di aver visto il Signore vivo. Sarebbe stato meglio per lui dare credito ai suoi amici, nell’attesa di fare lui stesso l’esperienza che loro avevano fatto.
Il nostro cammino che ci conduce a vivere l’incontro col Signore risorto inizia sempre dall’ascolto di chi ci testimonia l’avvenimento della Risurrezione, non solo colle parole ma anche nei fatti: mostrandoci i fatti che sono la vita della Chiesa, i miracoli della santità cristiana.

Ecco, fratelli e sorelle: viviamo questi cinquanta giorni nel desiderio di comprendere “l’inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti”. “Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro … mostro loro le mani ed il costato”.