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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


V DOMENICA PER ANNUM (C)
SALUTO ALL’ARCIDIOCESI
Cattedrale Ferrara
8 febbraio 2004

1. "Ti rendo grazie, Signore con tutto il cuore; … rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia". Faccio totalmente mie le parole del Salmo, perché voglio ringraziare il Signore di questi otto anni vissuti con voi.

Ringrazio il Signore "per la sua misericordia", la quale gioisce nel sollevare il misero dalla polvere, avendomi chiamato a governare questa illustre Chiesa di Ferrara-Comacchio dalla dignitosa umiltà di una condizione sociale povera.

Ringrazio il Signore "per la sua fedeltà", perché nonostante i molti miei limiti, ha continuato a compiere la sua opera di salvezza in mezzo a voi mediante il mio ministero episcopale. I segni della fedeltà divina durante questi otto anni, sono stati molteplici. Mi piace ricordare in particolare i sedici nuovi sacerdoti che il Signore ha voluto donare a questa Chiesa mediante l’imposizione delle mie mani. Uno di loro, l’indimenticabile don Samuele, è già nostro intercessore in cielo. Ma il più commovente questa sera è quello che ho davanti ai miei occhi. È questa liturgia eucaristica, celebrata in questa Cattedrale, insigne per arte e storia e che non potrò mai più dimenticare, da un’assemblea di cui sento con stupita gratitudine l’affetto profondo verso la mia persona. Un affetto che soprattutto durante queste ultime settimane mi ha intimamente commosso.

Questi otto anni, pur sembrando nel tracciato della mia vita un segmento breve, sono stati uno dei doni più preziosi fattomi dalla fedeltà e dalla misericordia di Dio. Venuto fra voi "con timore e tremore" perché assolutamente impreparato alla cura pastorale, ho potuto conoscere la grande ricchezza spirituale, culturale e civile della gente ferrarese; la sua nobiltà radicata in una storia davvero unica. Mi avete fatto il dono di condividere con voi speranze e preoccupazioni, gioie e dolori.

Ma tutto questo è stato possibile per la continua, cordiale, e competente cooperazione di tanti. Voglio ricordare i sacerdoti che più di tutti hanno condiviso con me il servizio pastorale. Di ciascuno di loro custodisco il ricordo, e posso ancora una volta rendere pubblica testimonianza della loro dedizione, spesso anche eroica, al bene del nostro popolo. A loro in primo luogo e a tutti coloro che a vario titolo mi hanno aiutato e sostenuto, dico il mio grazie ed assicuro un ricordo costante nella preghiera.

Venuto fra voi, chiesi alle persone inferme e sofferenti di essere come la "radice" del mio ministero pastorale. So che così è stato; alcuni di loro ci hanno già preceduto nella vita eterna. La loro cooperazione è stata di tutte le più preziosa.

Ma nel lasciare la cura pastorale di questa santa Chiesa voglio dire il mio grazie più forte al S. Padre Giovanni Paolo II che nonostante i miei profondi turbamenti e le mie gravi inquietudini spirituali al riguardo, mi ha voluto Vescovo. A Lui ho sempre guardato in questi anni come alla mia guida, perché questa Chiesa fosse sempre in una totale comunione con lui; e da lui ho sempre ricevuto incoraggiamento e sostegno.

2. La particolare natura di questa liturgia eucaristica non deve però impedirci di nutrirci di quella Parola che anche oggi ci è stata donata.

Come avete sentito, ad un uomo, a Pietro, affaticato e scoraggiato, è detto da Cristo: "prendi il largo". Ed egli "prende il largo" forte esclusivamente della parola dettagli dal Signore: "sulla tua parola getterò le reti".

Nell’incontro con Cristo l’uomo vince le due insidie più gravi: la disperazione che nasce dalla constatazione della sua malizia; la presunzione che nasce dal potere di cui oggi è in possesso. "E’ pericoloso mostrare troppo all’uomo quanto sia simile alle bestie, senza dimostrargli la sua grandezza. È pure pericoloso fargli vedere troppo la sua grandezza senza la sua bassezza. È più pericoloso ancora lasciargli ignorare l’una e l’altra" [B. Pascal]. Pietro, e l’uomo, incontrando Cristo conosce la sua miseria, ma nello stesso tempo si sente chiamato ad una sublime grandezza. È per questo che l’incontro con Cristo genera nel cuore dell’uomo la speranza, che vince nel nostro cuore la tentazione e della disperazione e della presunzione. Consapevole di aver faticato invano tutta la notte e di non aver preso nulla, l’uomo ritrova nella fede in Cristo la gioia del proprio lavoro e del proprio vivere: "sulla tua parola getterò le reti". La speranza non è un invenzione del cristianesimo: è un bisogno umano. L’incontro con Cristo la sostiene: dà alla vita la possibilità di riprendere sempre.

Non posso non "sentire" nella pagina evangelica la singolare narrazione della vicenda umana di questa città, di questo nobile popolo ferrarese. Non manca esso forse soprattutto di speranza? non manca esso di un sereno rapporto col suo futuro? che cosa gli impedisce di "prendere il largo" e quale può essere la sorgente di una ripresa spirituale? che ne ha fatto di quelle radici cristiane che lungo i secoli l’hanno fatto grande? Carissimi, le sfide cui questa comunità dovrà far fronte sono gravi ed urgenti. Riprendere speranza per "prendere il largo" è possibile recuperando quella fede che "lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo … li impegna piuttosto con un obbligo ancora più stringente" [Gaudium et spes 34].

Ed allora, nel lasciarvi, ancora una volta "vi rendo noto, o fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l’ho annunciato". Il Vangelo è la forza che configura tutta la vita umana; è sorgente di vera cultura, poiché svela all’uomo la sua incommensurabile dignità; è edificazione di vere comunità umane, poiché in Cristo nessun uomo è estraneo a nessun uomo.

O Ferrara! ritrova le tue radici cristiane e rifiorirà dentro di te la speranza; e riavrai il coraggio di "prendere il largo".

"Il Signore completerà per me l’opera sua. Signore, la tua bontà dura per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani". Non abbandonare, o Signore, l’opera che le tue mani hanno compiuto durante secoli di vita cristiana in mezzo a questo popolo grande e nobile.

"Signore, la tua bontà dura per sempre".