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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


EPIFANIA 1999


“Dopo aver celebrato da poco il giorno nel quale la Vergine immacolata ha dato alla luce il Salvatore del genere umano, ora la veneranda festa dell’Epifania, carissimi, ci dona di prolungare la nostra gioia, sicché nella partecipazione ai misteri così ravvicinati di solennità fra loro congiunte non si affievolisca la forza del nostro fervore né l’ardore della fede” (S. Leone Magno, Discorso 12,1; ed. Nardini, pag. 225). Quale mistero oggi celebriamo? Quale opera della divina misericordia lodiamo? Ascoltiamo ancora una volta quanto ci ha appena detto l’apostolo Paolo nella seconda lettura.

1. “Questo mistero non è stato manifestato (…) per mezzo del Vangelo”. Oggi noi celebriamo la decisione del Padre di chiamare ogni uomo alla partecipazione di quei beni che ci sono donati in Cristo Gesù. Di chiamare ogni uomo ad un incontro con Cristo, nel quale l’uomo possa raggiungere la pienezza della vita. L’opera della divina misericordia che oggi celebriamo è la rivelazione che il Padre oggi ci fa di “averci scelti prima della creazione del mondo … predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,-5). Il fatto narrato dal Vangelo significa precisamente questo, e manifesta per la prima volta questa universale volontà salvifica del Padre. Anche se il Figlio di Dio “aveva scelto il popolo di Israele e una famiglia di quello stesso popolo per assumere la natura propria di tutta l’umanità, Egli tuttavia non volle che gli albori della sua nascita restassero nascosti nei ristretti spazi della casa materna, ma volle subito farsi conoscere a tutti, Lui  che si è degnato di nascere per tutti” (S. Leone Magno, ibid.). Pertanto, ciò che è narrato oggi nel S. Vangelo non deve solo essere ricordato. La forza dell’azione divina compiuta allora per la prima volta a favore di alcuni magi non è esaurita. Il dono di Dio e la rivelazione che il Padre ha fatto dei suoi pensieri sull’uomo permangono anche oggi. Anche oggi rivive ciò che ebbe allora il suo inizio: la chiamata da parte del Padre ad incontrare Cristo vivente nella Chiesa.
 E’ allora assai importante verificare come nella pagina evangelica appena proclamata viene descritto e la chiamata del Padre a Cristo e la risposta dell’uomo invitato dalla grazia alla salvezza. La vera storia di ogni persona umana è costruita precisamente come «incontro» o «dialogo» fra la grazia del Padre e la risposta dell’uomo. Quando questo «incontro» o «dialogo» viene interrotto dall’uomo [Dio non lo interrompe mai!], questi inizia il cammino che lo porta alla distruzione eterna! E la pagina del Vangelo non parla solo di chi accoglie l’invito divino, alcuni magi; parla anche di chi si rifiuta il re Erode. Vedete dunque, carissimi fratelli e sorelle, come la pagina del Vangelo sia piena di grandi significati.

2. “Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti ad adorarlo”. In questa semplice descrizione è racchiuso tutto il mistero del cammino dell’uomo verso la salvezza.
 «Abbiamo visto sorgere la sua stella». La vera storia dell’uomo comincia quando egli comincia a «vedere» con serietà dentro alla realtà: la realtà che lo circonda, la realtà che è il suo “se stesso”. Senza pregiudizi, senza preconcetti. Alcuni magi, fra i tanti dell’Oriente, hanno visto un “segno”, un’indicazione: l’indicazione di un Mistero che li invitava, significato da una stella. Se perdiamo questa capacità di leggere in profondità la realtà nella quale siamo immersi; se ci accontentiamo di subirla senza tentarne mai un’interpretazione radicale, non partiremo mai per incontrare Cristo. E’ necessario liberarci da quel preconcetto, quel pregiudizio che ci viene imposto come una inconfutabile ovvietà: ridurre tutta la realtà alla sua apparenza misurabile, rifiutando di vedere ciò che essa significa. C’è il mondo, c’è il rapporto colle cose, si capisce che bisogna lavorare per vivere, che c’è da sposarsi ed avere figli. Ma si preclude alla capacità della nostra ragione di addentrarsi nella ricerca del significato, di ciò che in fondo l’apparenza significa. Quei magi non si accontentarono di costatare l’esistenza di una stella e di misurarne eventualmente il percorso; essi videro che essa era “segno di un Mistero”. Uno scientismo assai pericoloso, ha estenuato e spesso estinto in noi questa capacità umana innata di capire tutte le cose come segno del Mistero.
 «E siamo venuti». La ricerca vera muove la nostra libertà. Senza paura; senza tentennamenti; con la generosità che non fa sentire la fatica del cammino; con l’umiltà di chi sa interrogare quando si oscura la percezione della realtà. Gli uomini – è stato scritto giustamente – si distinguono in tre classi, in ordine alla ricerca di Dio: alcuni lo cercano e lo trovano; altri lo cercano e non lo trovano; altri infine né lo cercano né lo trovano. I primi sono ragionevoli e felici; i secondi sono ragionevoli ed infelici; i terzi non sono né ragionevoli né felici.
«Per adorarlo e prostratisi lo adorarono». La ricerca si conclude nell’incontro con Cristo. E l’incontro è essenzialmente adorazione. E’ riconoscimento umile e gioioso che Lui è il Figlio di Dio nel quale è posta ogni pienezza, e che noi siamo nulla, ma un nulla desideroso di divenire pienezza. E’ confessione piena di gratitudine che solo Lui è Parola che dona la vita eterna. L’adorazione dei magi si esprime nel dono. L’uomo che incontra Cristo non si appartiene più, ma è di Colui che è morto per noi, perché non vivessimo più per noi stessi.

Carissimi fratelli e sorelle, il Vangelo termina con questa annotazione: «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».
Ecco che cosa succede all’uomo che ha accolto la rivelazione fattagli dal Padre di essere chiamato a Cristo: la vita cambia strada; la vita è trasformata. L’uomo si rende conto che la strada finora seguita era sbagliata. Ha visto che Cristo è la vita che porta alla vita, poiché è la verità nella quale il Padre ha rivelato il suo mistero.