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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


EPIFANIA DEL SIGNORE
Cattedrale
6 gennaio 2002

1. "I Gentili .. sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo". Carissimi fratelli e sorelle, i Gentili di cui parla l’Apostolo siamo noi. E’ di noi dunque che si parla e si dice che Dio ha concepito a nostro riguardo un progetto, un "mistero" che "non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito Santo". E il progetto è di renderci partecipi della stessa salvezza promessa ai figli di Israele.

La solennità odierna celebra l’inizio della manifestazione del progetto di Dio a nostro riguardo: "Egli non volle che gli albori della sua nascita restassero nascosti nei ristretti spazi della casa materna, ma volle subito farsi conoscere a tutti" [Leone Magno, I Sermoni del ciclo natalizio, Nardini ed., Firenze 1998, pag. 225]. I Magi prefigurano la venuta di tutti noi alla fede. E’ utile dunque che attraverso la narrazione evangelica conosciamo in che modo l’uomo giunge all’incontro con Cristo.

L’inizio del cammino verso Cristo è indicato dalle seguenti parole: "abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". La fede ha il suo inizio nella ragionevolezza dell’uomo: nell’attitudine naturale dell’uomo a porre domande ultime, a cercare il perché ultimo dell’esistenza dentro a tutte le sue dimensioni. La fede non può nascere in un uomo che non vuole porsi gli interrogativi ultimi della vita, ma che costringe la sua ragione dentro i limiti imposti dai sensi. Da questo punto di vista "la dimensione religiosa coincide con la dimensione razionale e il senso religioso coincide con la ragione nel suo aspetto ultimo e profondo" [L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli ed., Milano 2001, pag. 4]. I Magi non si accontentano di costatare un fatto, ne ricercano l’ultima ragione.

Ma posta la domanda, se ne deve cercare la risposta. E qui la pagina evangelica accanto alla figura dell’uomo che si muove, i Magi, raffigura due altre possibilità, esemplificate dal re Erode e dagli Scribi e sommi Sacerdoti. Erode esemplifica l’uomo che cerca, ma che non vuole trovare perché teme che Cristo provochi la sua libertà a cambiare vita. Scribi e sommi sacerdoti esemplificano l’uomo che né cerca né trova: essi sono coloro che "sanno" dove è il Messia e di questo si accontentano. Magi, Erode e Scribi configurano l’intera gamma delle attitudini umane davanti a Cristo. Infatti, come scrive Pascal, vi sono uomini che cercano e trovano; uomini che cercano e non trovano; uomini che né cercano né trovano: i primi sono ragionevoli e beati; i secondi sono ragionevoli e infelici; i terzi non sono né ragionevoli né felici.

Quando e in che modo la domanda trova la sua risposta, la ricerca il suo scopo: come avviene l’incontro con Dio? "Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre e prostratisi lo adorarono". Carissimi fratelli e sorelle, vi prego di fare molta attenzione ad ogni particolare. Ascoltate come ancora il papa S. Leone Magno commenta questo passo: "Adorarono il Verbo nella carne, la Sapienza nell’infanzia, la potenza nella sua debolezza, e nella realtà dell’uomo il Signore della maestà… A Dio offrono l’incenso, la mirra all’uomo, l’oro al re, consapevoli di rendere onore all’unità delle due nature, la divina e l’umana" [op. cit. pag. 229]. La domanda ultima dell’uomo, la sua richiesta di senso, il suo mendicare una beatitudine illimitata trova risposta in questo fatto: quel bambino la cui madre è Maria, è Dio. Questo bambino è la risposta, l’unica risposta vera, alla domanda di infinito che è nel cuore di ogni uomo.

2. L’incontro ha una conseguenza suggerita nel Vangelo dalle seguenti parole: "per un’altra strada fecero ritorno al loro paese". La fede in Cristo, l’incontro con Lui non impedisce all’uomo di "far ritorno al suo paese": il credente non è uno spaesato. E il paese cui fare ritorno è la propria vita di ogni giorno: i propri affetti, il proprio lavoro, le proprie speranze e delusioni. Ma l’orizzonte ultimo di questa vita è cambiato: dentro all’ordinario abita ora l’eccezionale.

L’incontro con quel bambino ha investito la persona dei Magi, investe la persona del credente nella sua totalità e perciò tutte le azioni sono influenzate da quell’incontro: hanno adorato la gloria di Dio nella povertà della carne umana. E’ in fondo ciò che chiederemo nella preghiera finale: "la tua luce, o Dio, ci accompagni sempre in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci ha fatto partecipi".