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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


FESTA CIVILE DELL’UNITA’ NAZIONALE
Cattedrale: 4 novembre 2003

1. "Quello che è virtù, e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri". Scrivendo alla comunità cristiana di Filippi, l’Apostolo Paolo esorta, come avete udito, i fedeli a fare oggetto dei propri pensieri "tutto quello che è vero, nobile…". Questa esortazione si inscrive nel contesto di una esortazione alla pace, alla concordia interpersonale. La pace e la concordia sono dono di Dio; ma questo dono è custodito dal consenso dei singoli su tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile.

Questa parola di Dio ci illumina profondamente sul significato che ha l’odierna festività civile, sul significato dell’unità nazionale.

È ben chiaro oggi a tutti che l’unità nazionale non può essere pensata come la coesistenza regolamentata di interessi opposti, riducendo l’unità a fragile miracolo di fortuite convergenze di contrapposti egoismi. È ugualmente chiaro a tutti che l’unità nazionale non può essere pensata come se i singoli e le comunità fossero solo parti di un tutto organico. Sia la visione individualista dell’uomo, sia la visione totalitaria sono in primo luogo gravi errori, e di conseguenza se ispirano la politica sono devastazioni dell’umanità di ogni uomo. Che poi l’unità si esprima istituzionalmente nella forma unitaria o federale, questo è problema che non riguarda più la Chiesa.

L’apostolo Paolo ci guida oggi ad una vera comprensione dell’unità fra le persone. Egli infatti presuppone che esista una verità, una giustizia, un comportamento virtuoso: diciamo una "verità sul bene dell’uomo". Ed è questa che deve essere oggetto dei nostri pensieri, criterio delle nostre scelte. L’unità cioè di un popolo, anche del nostro popolo, può essere generata solo dall’intima e libera condivisione degli stessi valori, e non semplicemente dall’accettazione di norme puramente formali: l’unità non è fatto principalmente legale, ma morale. Ciò che unifica non è in primo luogo la legge, ma la coscienza morale sottomessa alla verità e al bene.

Possiamo allora comprendere quale sia la forza più disgregante dell’unità nazionale, la causa principale della disintegrazione della nostra unità e di ogni comunità umana: educare i giovani a quel relativismo secondo il quale non esiste nessuna verità sull’uomo, e quindi sul bene della persona, che non sia frutto del consenso e della convenzione sociale. Quando infatti la condizione sufficiente per determinare tutte le regole dell’agire in una società diventa esclusivamente il patto delle parti coinvolte, inevitabilmente l’unità nazionale diventa o contrattazione di interessi o dominio del più potente. L’unità nazionale deve radicarsi principalmente nell’educare i giovani alla "passione" per tutto ciò che "è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita onore". La contro-educazione al relativismo genera sempre l’individualismo asociale.

Ma la meditazione guidata dalla parola di Dio ci porta anche ad un’altra considerazione, divenuta di palpitante attualità nelle settimane scorse.

L’unità nazionale nel significato di consenso alla verità circa il bene della persona non è qualcosa di astratto, di sradicato dalla storia del popolo. Essa trae nutrimento dalla memoria storica di un popolo, quello italiano, che nella fede cristiana e nei suoi simboli fondamentali ha sempre sentito una parte decisiva della sua identità. È giusta la preoccupazione di trovare un’unità che tenga conto della presenza nella nostra compagine nazionale, di persone e culture diverse. Ma la soluzione non può essere l’azzerare le diversità in un astratto denominatore comune che in realtà è pura violenza ideologica: imposizione di uno schema che confligge colla realtà. Pensare che possa esistere un patrimonio culturale comune del popolo italiano prescindendo dall’apporto del cristianesimo, è contro la storia e soprattutto contro il vero bene del nostro popolo.

2. "Avete udito che … ma, io vi dico: …". La parola di Gesù ci dice che non possiamo basare la nostra unità solo sulla giustizia. È l’amore che cementa profondamente le comunità umane. E la pagina evangelica ci libera da ogni concezione evanescente dell’amore.

Esso si modella sull’amore stesso con cui Dio ama la sua creatura: "fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni". Il Signore vuole il bene della persona come tale. L’amore è la reciproca affermazione del valore trascendente della persona, confermata coi propri atti. È questa quella vera "amicizia civile" nella quale già la sapienza pagana aveva intravisto il tessuto connettivo della società.

Celebriamo questa festa dell’unità nazionale nel ricordo di chi ha dato la vita per il bene della nazione. Il ricordo dei nostri morti ci renda consapevoli che l’unità della nazione, nel senso alto del termine, è un valore che non possiamo disperdere.