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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI
Tempio della Certosa: 1 novembre 2002

1. "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello". Carissimi fratelli e sorelle, la prima lettura è una pagina singolare nel libro della S. Scrittura. Essa ci dona la possibilità di vedere la liturgia della vita eterna, la lode ed il culto che i beati rendono a Dio "seduto sul trono e all’Agnello".

Al centro di questa solenne liturgia si trova Dio il Padre, e Cristo qui rappresentato sotto la figura dell’Agnello. In una pagina successiva l’autore vedrà sempre nella liturgia celeste, "un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che usciva dal trono di Dio e dell’Agnello" [Ap 22,1], raffigurando in questo modo la divina persona dello Spirito Santo, che "con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato".

Attorno a questo centro, la Trinità santa ed indivisibile, stanno tutti gli angeli, i salvati di Israele , e "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua", i quattro esseri viventi che raffigurano anche la creazione materiale.

Carissimi fratelli e sorelle, perché la Chiesa propone oggi alla nostra meditazione questa raffigurazione paradisiaca? Non certamente per darci un momento di evasione dalle tristi faccende feriali, una sorta di alienazione dal nostro duro mestiere di vivere. Le ragioni sono altre ed assai rilevanti per la nostra quotidiana esistenza.

La prima. Questa pagina ci aiuta a capire il senso ultimo, profondo, delle nostre celebrazioni liturgiche. Il Concilio Vaticano II ha al riguardo un testo mirabile: "nella liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove Cristo si trova assiso alla destra di Dio, ministro del santuario e della vera tenda" [8; EV 1/13]. La pagina dell’Apocalisse ci aiuta a capire dove siamo collocati ogni volta che celebriamo la Liturgia: siamo collocati in una misteriosa ma reale comunione con Cristo e coi beati, per rendere perfetto culto al Padre.

La seconda. Questa pagina è la risposta cristiana alla domanda fondamentale della vita: dove ultimamente siamo diretti? A che cosa alla fine siamo destinati? Siamo destinati non alla morte eterna, ma alla vita eterna. Ciò che la pagina dell’Apocalisse ci narra è la sorte a cui ciascuno di noi è chiamato: l’eterna comunione con Dio nella beatitudine perfetta.

Ed allora la nostra riflessione non può non considerare il luogo terreno dove in questo momento noi ci troviamo a celebrare l’Eucarestia: in un campo santo.

2. Fra noi e la nostra condizione terrena ed i beati e la loro condizione celeste si colloca la condizione intermedia dei nostri fratelli e sorelle defunti. In che cosa precisamente consiste questa condizione?

Essi hanno terminato il loro corso terreno e, se morti nella grazia e nell’amicizia di Dio ma imperfettamente purificati, sono sottoposti ad una profonda purificazione per entrare nella liturgia del cielo. Certi di esservi ammessi, debbono "rendere candide le loro vesti" perfettamente.

Ma come attraverso questa Liturgia noi entriamo in comunione con i beati in cielo, colla stessa noi siamo in comunione con i nostri defunti in purgatorio. E’ per questo che con la nostra preghiera possiamo aiutarli perché possano entrare nella beata visione del volto di Dio. Pensate, carissimi, quale atto di grande carità sia questo. Esso è fra i più grandi che possiamo compiere: aiutare una persona ad entrare nella vita eterna.

E quale grande esperienza del mistero della Chiesa ci è dato di vivere oggi! La Chiesa nella sua interezza è costituita da noi ancora pellegrini sulla terra; da coloro che morti stanno purificandosi; da coloro infine che godono della vita eterna. "Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa città di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Tutti quelli che sono di Cristo, infatti, avendo il suo Spirito formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti a Lui" [Cost. dogm. Lumen gentium 49,1; EV 1/419].