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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


MESSA "IN CENA DOMINI"
Cattedrale di Ferrara
1 aprile 1999


 1. "Ogni volta … che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga". Le parole di S. Paolo ci svelano la realtà del mistero eucaristico: mangiando il pane e bevendo il vino, il credente entra in rapporto reale colla morte del Signore sulla Croce. L’Eucarestia è la "memoria" della morte del Signore, del sacrificio offerto sulla Croce. Non nel senso che la celebrazione eucaristica sia un semplice ricordo di un avvenimento trascorso, o una serie di riti e gesti tesi a tener viva in noi la memoria di qualcuno che appartiene al passato storico. In virtù dell’azione trasformante dello Spirito che agisce attraverso le parole consacratorie, il pane ed il vino, presentati dalla Chiesa, diventano "veramente, realmente e sostanzialmente" il Corpo ed il Sangue del Signore.

"Questo è il mio Corpo ch’è (offerto in sacrificio) per voi"; "questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue": Cristo si rende presente nel suo donarsi in sacrifico per noi, per ricostruire la vera Alleanza fra ciascuno di noi e il Padre. Veramente nell’Eucarestia si realizza , con una pienezza che noi colla nostra limitata fantasia non avremmo mai potuto immaginare, l’ultima parola detta da Gesù prima di salire al cielo: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Sì, Egli è davvero presente in un modo che più intenso non si potrebbe pensare. E’ presente col suo corpo, colla concretezza della sua carne umana, divinizzata dalla divina persona del Verbo; è presente col suo sangue, cioè con tutta la sua vita ed energia, con la sua capacità di rinnovare e di far crescere, di rinvigorire e di allietarci; è presente nel suo donarsi al Padre per ridonarci la vita: a noi destinati alla morte a causa del peccato.

Noi questa sera vogliamo ricordare quella cena pasquale durante la quale Gesù ha istituito, ha inventato l’Eucarestia. Per lodare e ringraziare il Padre del dono che ci ha fatto del suo Figlio Unigenito, il Figlio perché ha inventato questo modo (il modo eucaristico) di rendere sempre presente il dono di sé, nella Chiesa, e lo Spirito Santo che opera in ogni celebrazione eucaristica.

E non a caso, questo sacramento venne istituito nell’ultima cena. Possiamo scoprire almeno tre ragioni alla base di questa decisione del Signore (cfr. S. Tommaso d’A. 3,73,5c).

Anzitutto a motivo del contenuto stesso di questo sacramento: nell’Eucarestia è contenuto Cristo stesso, come abbiamo detto. E così, quando Cristo era ormai sul punto di andarsene da questo mondo nella forma della sua presenza reale-fisica, lasciò Se stesso nella forma della presenza reale-sacramentale.

La seconda ragione ci è manifestata dalla prima lettura. La cena pasquale era celebrazione della liberazione del popolo dalla schiavitù egiziana, in forza del sangue dell’agnello sparso sugli stipiti delle porte: veniva mangiato l’agnello e così l’alleanza di Israele col suo Signore veniva nuovamente sigillata. Tutto questo era figura della realtà. La salvezza dell’uomo dipende dalla partecipazione al mistero della passione di Cristo, vero agnello. Come, dunque, l’agnello prefigurava la passione di Cristo, così era necessario che, dopo la morte del Signore, un nuovo sacramento ne rinnovasse la memoria. All’agnello, nel Nuovo Testamento è succeduto il sacramento dell’Eucarestia che commemora la passione già avvenuta, così come l’agnello la prefigurava quando doveva ancora accadere. Scrive un Padre della Chiesa, S. Efrem:

Beata sei tu, o notte ultima, perché in te si è compiuta la notte d’Egitto! Il Signore nostro in te mangiò la piccola Pasqua e diventò lui stesso la grande Pasqua: la Pasqua si innestò sulla Pasqua, la festa sulla festa. Ecco la Pasqua che passa e la Pasqua che non passa; ecco la figura e il suo compimento. La terza ragione infine è questa: le ultime parole degli amici, delle persone care, sono quelle che si imprimono più profondamente. Perché questo sacramento fosse la "cosa" più cara ai suoi discepoli, la più venerata, lo volle donare l’ultima sera della sua vita.

Vedete allora quali profonde risonanze spirituali ed affettive hanno le parole di S. Paolo: "voi annunciate la morte del Signore".

2. La pagina evangelica richiama ciascuno di noi alla dimensione centrale dell’annuncio che noi facciamo della morte del Signore, ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice. L’evangelista Giovanni, come è risaputo, non racconta l’istituzione dell’Eucarestia: scritto per ultimo, il quarto Vangelo si rivolgeva a lettori che ben ne conoscevano la narrazione. In suo luogo, egli narra un episodio sconcertante, anch’esso accaduto nell’ultima cena: la lavanda dei piedi. Essa manifesta nel modo più profondo la verità dell’Eucarestia.

L’Eucarestia è l’amore di Cristo verso l’uomo, spinto fino al limite estremo: "li amò sino alla fine". E’ un amore che porta Cristo a non considerare la sua uguaglianza con Dio un tesoro da difendere gelosamente, ma "si alzò dalla tavola": dalla tavola del suo banchetto eterno. E’ un amore che porta Cristo a spogliare se stesso della sua condizione divina: "depose le vesti", e ad assumere la condizione di servo: "e preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita". Assumere la condizione di servo: lava i piedi ai suoi apostoli. Questo è l’Eucarestia: la logica del Dio che si fa uomo per servire l’uomo, spinta all’estremo.

Ma non è tutto. Cristo invita a mangiare il pane che è il suo Corpo offerto, e a bere il calice che è il suo Sangue versato, perché il suo discepolo assuma in se stesso, nella sua esistenza e nella sua libertà, la "logica" stessa del Dio incarnato: "Se dunque io … gli uni gli altri".

La verità dell’Eucarestia raggiunge la sua pienezza solo quando Essa genera uomini così liberi da essere capaci di donare se stessi agli altri: il Corpo fisico di Gesù che si dona sulla Croce, il suo Corpo eucaristico ed il suo Corpo ecclesiale sono inseparabili. Attraverso il Corpo eucaristico Gesù dà ai suoi discepoli il suo stesso essere, la sua stessa vita, la sua stessa libertà, il suo amore. Fra le parole: "prendete e mangiate; prendete e bevete" e le parole "anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" c’è un "balzo" straordinario: dall’Eucarestia alla Chiesa, dal Cuore di Cristo al cuore dell’uomo. La Chiesa non è nella sua santa profondità altro che l’Eucarestia celebrata, partecipata e vissuta.

In questa sera noi celebrando la nascita dell’Eucarestia, celebriamo la nascita della Chiesa perché celebriamo la nascita dell’uomo nuovo. Tutto è nuovo: è la Nuova Alleanza per l’uomo nuovo che riceve il nuovo precetto della carità.

Veramente "in questo sacramento è compreso tutto il mistero della nostra salvezza" (S. Tommaso d’A. 3,83,3c)