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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


S. MESSA DELLA PACE
Cattedrale: 1 gennaio 2003

1. "Nel deserto prenderà dimora il diritto e nel giardino regnerà la giustizia". Carissimi fratelli e sorelle, all’inizio del nuovo anno civile celebriamo l’Eucarestia per ottenere dal Signore il dono della pace. La parola di Dio ci guida a riflessioni profonde su questo incommensurabile valore.

La parola profetica, in primo luogo, ci ripete che la pace è l’effetto della giustizia. Nel Messaggio che il S. Padre ha inviato al mondo intero in occasione di questa Giornata per la Pace, ricordando il 40.mo anniversario della Lett. Enc. Pacem in terris del b. Giovanni XXIII, ha richiamato questo insegnamento profetico. La pace si realizza quando i rapporti fra le persone hanno come fondamento la verità, come obiettivo la giustizia, come ispirazione la carità, come metodo la libertà; verità, giustizia, carità e libertà, sono questi i quattro pilastri di ogni costruzione di pace.

Ciò che oggi mette in grave pericolo la pace è la separazione fra essi, l’avere rotto la loro connessione. Una giustizia che prescinda dalla verità circa il bene della persona si riduce ad essere mera legalità; rispetto di regole spesso imposte da chi ha più forza. Una giustizia che non si completi nell’amore si riduce ad essere mera affermazione del proprio bene prescindendo dal bene dell’altro, o contro il bene dell’altro. Una giustizia poi senza libertà costruisce una società senza rispetto per l’uomo; una libertà senza giustizia costruisce una società dove il più debole è spietatamente oppresso.

La parola apostolica ascoltata nella seconda lettura ci fa guardare le cose anche più in profondità. "Fratelli" ci ha detto l’Apostolo "rivestitevi, come eletti di Dio, santi ed amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza". La pace cioè non è tanto questione di strutture, ma di persone: nasce cioè dal cuore delle persone. Ed è a questo punto che ci incontriamo coll’insegnamento della pagina evangelica appena proclamata.

2. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". L’Apostolo ci aveva fatto il seguente augurio: "e la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo".

Esiste dunque una pace di Cristo: questa pace ci è donata da Cristo perché essa costruisce il nostro destino [ad essa siete stati chiamati].

Il dono della pace era ritenuto il dono per eccellenza che il Messia avrebbe apportato: "nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace finché non si spenga la luna", abbiamo pregato poc’anzi. La "mia" pace, ha detto il Signore: la pace cioè che egli stesso possiede. Gesù trasmette a chi crede in Lui tutto ciò che egli possiede e quindi anche la pace in cui vive. E’ la pace di chi, Figlio unigenito del Padre, vive nella perfetta comunione col Padre, che umanamente si esprime nella totale obbedienza alla sua volontà.

Se attraverso la fede ed i sacramenti noi – per così dire – ci trasferiamo dalla nostra nativa condizione di inimicizia con Dio e conseguente divisione fra noi alla condizione di vita in Cristo, anche noi siamo nella pace: nella pace stessa di Cristo. Egli infatti "è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia" [Ef 2,14].

E’ questa la pace che costruisce la vera comunione fra le persone umane poiché essa non è che la comunione piena in Cristo. Innumerevoli sono i raggi di una circonferenza, ma tutti si incontrano nel centro: così ogni popolo, ogni uomo può unificarsi solo nel centro della realtà che è Cristo. E’ questa pace che Egli è venuto a annunciare e ci ha donato, poiché ad essa l’uomo era stato chiamato.

Allora, carissimi fedeli, voi ben capite che la pace di Cristo non è la pace "come la dà il mondo". Questa "è la pace dei falsi profeti, è la pace che il mondo crede di avere, nella quale il mondo crede di stabilirsi o vuole stabilirsi, ed è esattamente l’opposto della pace del Cristo perché è il consenso, è l’acquiescenza al male e quindi è il rifiuto della riconciliazione". [U. Neri, L’addio di Gesù ai discepoli, Ed. San Lorenzo, s.l. 2001, pag. 100].

Forse quando si parla di pace, siamo tentati di pensare che ben poco essa dipende da noi, ma solo da chi ha gravi responsabilità pubbliche. Non è così. Da ogni discepolo di Cristo dipende la condizione indispensabile della pace: che l’uomo si converta a Cristo testimoniato dai suoi discepoli. Concluderemo infatti questa celebrazione colla seguente preghiera: "donaci lo Spirito di carità, perché diventiamo operatori della pace, che il Cristo ci ha lasciato come suo dono".