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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


OMELIA SOLENNITA’ TUTTI I SANTI 1996
Omelia al Cimitero

E’ un contrasto stridente quello che stiamo vivendo con e in questa celebrazione eucaristica. Ci troviamo in un cimitero dove, almeno in apparenza, regna la morte e la Parola di Dio ci porta a contemplare una comunità di viventi in piena festa. Del resto tutta questa liturgia che stiamo celebrando è la celebrazione della vita e della gioia. Che cosa ci dà diritto di fare questo? Di venire ad annunciare la speranza e la gioia proprio vicino alle tombe dalle quali anche la speranza fugge? Ascoltiamo profondamente la parola di Dio e comprenderemo che cosa abbiamo il diritto di sperare anche in un cimitero.

1. “Quale grande amore ...” Siamo subito riportati alle radici del nostro esserci. Nessuno di noi esiste per caso o per necessità: ciascuno di noi esiste perché Dio lo ha amato. Esisto perché sono amato. Amato come figlio: il Dio che ci ha creato è il Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Egli ci ha precisamente creati per effondere su di noi, per estendere a ciascuno di noi il suo Amore di Padre. Nessuno di noi può essergli estraneo, essendogli figlio: non è così per “così dire”, ma veramente e realmente. La premessa, la radice da cui sgorga la nostra persona è questo Amore eterno, infinito, immenso, onnipotente che il Padre ha per noi, in Cristo Gesù.
 Proviamo allora a chiederci: quale sarà allora il destino di ciascuno di noi, il destino finale ultimo? Sarà la morte eterna? Finiremo completamente? Fratelli e sorelle, proviamo a pensare ad un’esperienza umanissima che molti di voi vivranno proprio qui, proprio ora davanti alla tomba di una persona cara. Davanti a quella tomba, prova a chiederti: se tu avessi potuto, avresti impedito la morte della persona amata? Certamente: l’amore non vuole la morte della persona amata. Ma il nostro amore non è così forte, non è onnipotente. Orbene: tu sei amato da un Amore che può tutto!
Ecco, perché non permette che tu muoia: perché ti ama con un Amore onnipotente. Ascolta la sua parola: “noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo come Egli è”. Ecco che cosa abbiamo il diritto di sperare: di vedere Dio, il Padre e di vivere con Lui nell’eternità. L’eternità è il nostro destino: “saremo simili a Lui”. E Lui è il vivente in eterno.

2.  Ma il contrasto di cui parlavo al principio sembra allora diventare più intenso e più conturbante: il nostro destino è l’eternità, perché questa realtà in cui ci troviamo, questa realtà di sepolcri, di morte, di corruzione, di sparizione apparentemente totale? Rimettiamoci all’ascolto della parola di Dio. Essa ci rivela che per entrare nella vita eterna occorre passare attraverso la grande tribolazione. “Essi sono coloro che ...”
 Di quale “grande tribolazione” si parla? Nella S. Scrittura questa espressione indica, descrive il momento decisivo, ed anche doloroso, in cui Dio il Signore interviene nella nostra storia umana. Questo intervento è stato la morte di Cristo, nella quale siamo stati liberati dalla morte eterna. Chi sono coloro che vedono ora il Signore e vivono nella sua beata eternità? Sono coloro che sono passati attraverso la morte di Cristo: sono morti - e qui ne vediamo il segno - in Cristo e con Cristo. Ciò non toglie nulla alla realtà, al peso della nostra morte: una grande tribolazione. Ma morendo in Cristo, i nostri fratelli non sono caduti in un nulla eterno, ma sono entrati nella vita. Venendo e passando attraverso la grande tribolazione della morte di Cristo e loro, sono giunti “davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario”. Grazie a Cristo, per la sua morte e resurrezione, i nostri morti vivono nella comunione con Dio. Ecco perché possiamo celebrare una liturgia di lode e di gioia dentro un cimitero: è celebrazione della vittoria di Cristo e nostra in Lui sulla disperazione della morte.
“Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”.
Ed allora, fratelli e sorelle, prepariamoci all’ora della nostra morte. Come? “in ogni azione , in ogni pensiero, dovresti comportanti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura della morte. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?” (Imitazione di Cristo I, 23.1)