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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro con i genitori dei cresimandi
San Petronio, 28 febbraio e 14 marzo 2010


Sono grato al Signore per la vostra numerosa presenza. Rifletteremo sul significato che ha per la vita dei vostri figli la ricezione del Sacramento della Cresima, e quindi su questo stesso evento come occasione propizia per instaurare un dialogo educativo più intenso coi vostri figli.

Dividerò dunque la mia riflessione in due parti. Nella prima rifletteremo sul significato del sacramento della Cresima. Nella seconda, sul sacramento della Cresima come grande occasione educativa.

1. Iniziazione cristiana e sacramento della Cresima.

Per comprendere bene che cosa sia il sacramento della Cresima e la funzione che esso ha nella nostra vita cristiana, dobbiamo richiamare alla nostra memoria alcune verità fondamentali della nostra fede.

(A) Nessuno nasce cristiano; cristiani si diventa. Dire "cristiani si diventa" ha due significati principali.

Primo significato. La professione cristiana – dire cioè non solo a parole: "sono cristiano" – comporta uno stile di vita che esige tempo, sforzo ed impegno. Siamo in Quaresima. La liturgia, meglio i testi liturgici quaresimali, presentano la vita cristiana come un combattimento spirituale; come un cammino che conosce difficoltà.

Quando dunque diciamo: "cristiani non si nasce, cristiani si diventa" sicuramente voi avete pensato, e rettamente, a tutto questo. Ma l’espressione ha un secondo e più profondo ed importante significato.

Secondo significato. Diventare cristiani non è il risultato principalmente di uno sforzo, di una preparazione umana. Se uno, per esempio, vuole diventare avvocato deve frequentare l’Università, laurearsi, sostenere un esame di Stato… Come potete costatare, la professione dell’avvocatura è il risultato di anni di studio. La "professione cristiana" invece non è prima di tutto il risultato di un impegno umano.

Una persona umana diventa cristiana perché Dio stesso in Cristo lo rende tale. La S. Scrittura usa un’espressione che non finisce mai di stupire e commuovere: si diventa cristiani perché si è generati da Dio stesso. Cerco di spiegare un poco.

L’essere noi uomini dipende dal fatto che siamo stati concepiti da una donna. L’essere cristiani dipende dal fatto che Dio stesso ci ha "generati" in una nuova condizione ontologica: ci ha resi partecipi della, e ci ha comunicato la sua stessa divinità. Nel prologo al suo Vangelo Giovanni scrive: "a quanti… lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" [Gv 1,12-13]. Qui vengono chiaramente accostate le due nascite: quella per cui sono nato uomo; quella per cui sono diventano cristiano.

(B) Come Dio in Cristo ci genera alla vita nuova, alla vita cristiana? Mediante tre sacramenti, il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia. Si nasce come cristiani nel Battesimo; si è rafforzati e confermati nella nostra esistenza cristiana nella Cresima; ci si nutre per crescere nella vita cristiana coll’Eucaristia.

Per comprendere bene tutto questo, dobbiamo aver compreso bene che cosa è un Sacramento. Il Sacramento, ogni Sacramento, è a prima vista un insieme di riti, di gesti sacri. Attraverso questi gesti però [per es. versare l’acqua sul capo del bambino] è Cristo stesso che agisce: che battezza, che cresima, che celebra l’Eucaristia… È Lui che opera.

Ma i Sacramenti non sono magie: esigono che chi li riceve lo faccia consapevolmente e liberamente. Che cosa significa consapevolmente? Che riconosca nel rito l’azione di Cristo; che sappia vedere nei gesti sacri il "segno" in cui Cristo stesso agisce. In una parola: consapevolezza significa fede. E la fede nasce dall’ascolto della predicazione della Chiesa, e si nutre nella catechesi.

Ci eravamo fatti la seguente domanda: come Dio in Cristo ci genera alla vita nuova, alla vita cristiana. La risposta è: mediante la predicazione della Chiesa e la celebrazione dei sacramenti. La condizione perché e l’una e l’altra siano efficaci è la fede con cui chi ascolta la predicazione della Chiesa, la accoglie non come parola umana, ma parola di Dio; e per la quale [fede] chi partecipa alla celebrazione di un sacramento, vede in esso l’azione di Cristo.

(C) Vi dicevo che si diventa cristiani mediante il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia. Si chiamano per questo i tre sacramenti della iniziazione cristiana. Iniziazione è il termine proprio del vocabolario cristiano per dire: diventare cristiani.

In questa iniziazione la Cresima è la conferma del Battesimo. Ciò che il Battesimo ha operato in chi lo riceve, viene rafforzato definitivamente nella Cresima.

Che cosa compie il Battesimo in chi lo riceve? Genera nella vita divina, incorporandoci a Cristo e alla sua Chiesa. La Cresima quindi conferma chi lo riceve nella sua condizione di cristiano; lo rafforza nella sua appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Di conseguenza, il cresimato è ormai in grado, nel senso che ha ricevuto dal sacramento la forza per farlo, di testimoniare la sua fede in Cristo e di affrontare tutte le difficoltà che questa testimonianza comporta.

Ho concluso la prima parte. Spero di aver spiegato con sufficiente chiarezza quel è la grazia propria della cresima all’interno dell’iniziazione cristiana.

Vi dicevo che l’espressione "diventare cristiani" veicola due significati. Ho cercato di spiegare il secondo, quello più importante e fondamentale.

Ma ora dobbiamo riprendere il primo: diventare cristiani significa un cammino di vita spesso anche molto difficile. Significa – ora possiamo dirlo con più precisione – appropriarci sempre più intensamente del dono del sacramento: farlo penetrare sempre più intimamente nella nostra vita. Diciamolo in breve: significa educare i vostri ragazzi a crescere nel dono ricevuto. È il tema della seconda parte.

2. Sacramento della Cresima ed educazione cristiana.

In che modo voi genitori potete fare in modo che la celebrazione della Cresima diventi l’occasione per una costruzione più grande della vita dei vostri figli? Ovviamente la Chiesa – concretamente le parrocchie, associazioni e movimenti – è legata a voi, ed impegnata con voi in un vero e proprio patto educativo. Ma in questa occasione affronto il problema solamente dal vostro punto di vista.

Non manco di rispetto, spero, nei vostri confronti distinguendo fra voi due uditori diversi. Vi sono fra voi genitori che vivono seriamente e fedelmente la loro fede cristiana, partecipano ogni domenica alla Eucaristia, ed educano con convinzione e passione i propri figli nella fede cristiana. E ci sono fra voi genitori che custodiscono nel cuore fiducia nella Chiesa [altrimenti non si preoccuperebbero che il figlio riceva i Sacramenti], ma, come si usa dire, non "frequentano molto" e si sentono solo in parte appartenenti alla Chiesa.

Distinguerò dunque questa parte della mia riflessione in due momenti, iniziando a rivolgermi ai secondi.

(A) Parto da un dato di fatto; per un genitore non esiste desiderio più profondo del bene del figlio. Il bene del figlio è alla cima delle sue preoccupazioni.

Il fatto che un genitore decida che suo figlio sia battezzato, cresimato, e riceva l’Eucaristia – in una parola: che incontri la Chiesa – significa che ritiene la proposta cristiana, una buona proposta.

Questa convinzione, normalmente più vissuta che consapevole, è spiegabile col fatto della tradizione in cui il genitore stesso è cresciuto ed educato.

La tradizione è qualcosa di grandioso. Essa è per la persona umana ciò che la terra è per la pianta. È ciò che ci consente di vivere una vita umana. Non in senso biologico, ma nel senso di una vita personale e sociale abitata da valori che rendono buona e giusta l’esistenza. La tradizione è la cultura.

I genitori di cui sto parlando vivono ancora in una tradizione cristiana, anche se poco consapevolmente e forse anche criticamente. Chiedere alla Chiesa i sacramenti per i propri figli vuol dire non abbandonare questa tradizione.

Basta questo gesto? "ho fatto fare a mio figlio tutti i sacramenti; questo basta". Vorrei che mi prestaste molta attenzione poiché entriamo nel cuore del dramma dei nostri ragazzi.

Avete davanti tre vie. O si dice: "non propongo nulla, perché così da grande farà le sue scelte". Oppure si dice: "la proposta cristiana non è una buona proposta per la vita: è cosa da bambini". Oppure si dice: "sono stato io stesso educato nella fede cristiana, e quindi in essa educo i miei figli".

La prima strada è la più stolta dal punto di vista educativo, perché conduce i propri figli alla schiavitù. La seconda merita più attenta considerazione.

Se viene percorsa la seconda via, essa finisce coll’introdurre – o rischia di introdurre – nella coscienza del ragazzo un’esiziale spaccatura fra ciò che fino ad un certo momento della vita gli è stato proposto dai genitori [ordinariamente fino alla Cresima], e la proposta fatta in seguito. Non raramente accade che il ragazzo è come sradicato da ogni terreno; è sbandato senza una direzione di vita. La costruzione di una vita è opera che richiede continuità.

La terza strada è quella il cui percorso esige una forte cooperazione colla Chiesa. Concretamente dico ai genitori che si trovano nella condizione suddetta: insistete a convincere il vostro figlio, dopo la Cresima, ad entrare in una delle grandi proposte educative della Chiesa. Penso all’Azione Cattolica, all’Agesci, a Comunione e Liberazione, per esemplificare. L’esperienza fatta dal ragazzo può essere poi argomento di dialogo e di confronto con i suoi genitori.

(B) Mi rivolgo ora ai genitori che vivono pienamente la loro fede cristiana.

Nel cammino della fede, la ricezione del Sacramento della Cresima costituisce un momento delicato per i vostri figli. Esso accade nel contesto di una profonda trasformazione della sua persona, dal punto di vista e bio-psichico e spirituale. Su questa trasformazione non mi fermo, altri lo possono fare con ben maggiore competenza.

Come vi dissi, la Cresima è la conferma del Battesimo. Il ragazzo ha bisogno nel suo cammino post-crismale di essere confermato nella sua fede.

Il primo luogo, a livello intellettuale. Non sottovalutate questa esigenza, oggi specialmente. La fede prima di tutto è un preciso modo di pensare, di giudicare e valutare le cose. Può accadere che il ragazzo giunga a considerare la dottrina della fede una mera fantasia, perché così gli dice, o gli dà a pensare, il suo professore di scienze e di filosofia. L’ora scolastica di religione è importante, ma voi genitori dovete essere molto vigilanti ed esigere rigorosamente il rispetto della legge da parte degli insegnanti: devono insegnare religione cattolica. La nostra Chiesa poi ogni anno propone ai ragazzi cresimati il cammino di fede.

In secondo luogo, e non dammeno, la fede è confermata dal confronto, a cui il ragazzo deve essere condotto soprattutto dai suoi genitori, fra la fede che professa, i sacramenti che riceve, e la vita. Se non avviene questo confronto, il ragazzo non diventerà mai maturo nella sua fede. È in questo contesto che l’esercizio della carità, l’incontro colla durezza della condizione umana, diventa un momento imprescindibile nel cammino di conferma della fede.

Mi rendo conto di avere solo toccato temi che esigerebbero ben più prolungata riflessione. Ma anche in questa occasione il tempo è tiranno, il testo della mia riflessione è a vostra disposizione nel sito web della diocesi.

Finisco con un pensiero che come pastore della Chiesa raramente mi lascia. I nostri ragazzi stanno dentro ad un tornante della storia dell’Occidente. Esso sta tentando di costruire una civiltà come se Dio non ci fosse, rompendo con una tradizione nella quale il riferimento a Dio è fondante. L’esito di questo scontro circa la posizione di Dio nella vita umana – è questa LA questione di oggi! – dipende dalla proposta educativa che viene offerta ai nostri ragazzi: la proposta di una vita per la quale la presenza di Dio è inutile, oppure di una vita per la quale il riferimento a Dio è essenziale.