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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro con i Consigli Pastorali Parrocchiali
Cattedrale, 12 novembre 2006


Il nostro consueto incontro può cominciare col richiamare il fatto che voi esprimete il mistero di comunione che è la Chiesa. La comunione ecclesiale genera la corresponsabilità di ogni battezzato per il bene della Chiesa e la condivisione della sua missione. Il vostro compito è infatti di elaborare con, e alle dipendenze del parroco gli orientamenti pastorali condivisi, che rispondono alle necessità della parrocchia.

Al IV Convegno Ecclesiale di Verona il S. Padre ha tenuto un discorso di importanza fondamentale per la Chiesa in Italia: è come un’Enciclica scritta alla Chiesa italiana. Non solo non possiamo ignorarla, ma essa deve costituire il necessario punto di riferimento per il nostro impegno pastorale dei prossimi anni.

Ho pensato opportuno farvene una breve presentazione, non per sostituirmi alla sua attenta lettura, ma per aiutarvi a leggerlo con maggior attenzione.

1. [Il punto di partenza]. In primo luogo il Discorso di Verona (da ora DV) richiama il nostro cuore e la nostra mente alla sorgente da cui sgorga la missione della Chiesa, quella missione che voi condividete corresponsabilmente col vostro parroco.

Per aiutarci a vederla, possiamo partire dalla seguente domanda: che cosa è il cristianesimo, il "fatto cristiano"?

È una presenza: è la presenza del Signore risorto, capace di introdurre in una vita nuova tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo.

La modalità di questa presenza è concretamente la vita e la testimonianza della Chiesa; "anzi, la Chiesa stessa costituisce la primizia di questa trasformazione, che è opera di Dio e non nostra".

Mi fermo per un momento. Vedete quale grande dignità ha il vostro lavoro anche nelle più umili parrocchie! Se esso si realizza in incontri – a volte entusiasmanti altre volte deprimenti – per elaborare, come dicevo, orientamenti pastorali, nella sua realtà più profonda esso è il segno di una presenza; della presenza della "risurrezione del Signore dentro il tempo" e della sua novità chiamata a trasformare il mondo. Anche mediante le più umili riunioni che fate coi vostri parroci, anche quando discutete sui problemi quotidiani delle vostre comunità, voi – consapevolmente o inconsapevolmente – cercate di rendere presente la forza rinnovatrice della risurrezione del Signore.

2. [Il contenuto della testimonianza alla presenza]. Il DV domanda: quale è il contenuto della nostra testimonianza alla presenza del Risorto in mezzo a noi? Ciascuno di voi potrebbe alzarsi e rispondere a questa domanda leggendo i vari ordini del giorno dei vostri Consigli, dicendo i vari problemi che avete affrontato nelle vostre riunioni, ed infine i molteplici orientamenti che avete elaborato. Rispondendo in questo modo, voi sicuramente ci direste in che modo voi coi vostri parroci avete testimoniato Gesù risorto.

Ma il S. Padre ci invita nel DV ad andare molto in profondità e a chiederci: al di sotto di tutti gli ordini del giorno, di tutti i problemi, di tutti gli orientamenti c’è qualcosa di unico e di unificante? Ascoltate la risposta di Benedetto XVI: "… attraverso questa multiforme testimonianza, debba emergere soprattutto quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo". Il testo è stupendo; fermiamoci un momento.

Ciò che vi muove nella vostra decisione di assumervi consapevolmente la corresponsabilità del bene della vostra parrocchia, è la vostra decisione a favore dell’uomo: della sua dignità, della difesa della sua preziosità. "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo", recitiamo nel Credo; "è risorto per la nostra giustificazione", insegna S. Paolo. Tutto ciò che voi decidete coi vostri parroci nei Consigli; tutto ciò che voi proponete ai vostri parroci: dalla fiera parrocchiale agli itinerari di educazione dei nostri bambini, è la forma concreta che assume la forza giustificatrice della presenza del Risorto.

Il Convegno di Verona ha individuato cinque ambiti in cui deve soprattutto essere detto il "grande "sì" della fede": il matrimonio e la famiglia; il lavoro e la festa; l’educazione e la cultura; la povertà e la malattia; la vita sociale e politica. Non è ora il caso di fermarci su ciascuno di essi. Mi limito ad una sola considerazione generale.

Il nostro "sì" all’uomo si scontra oggi – ci richiama il S. Padre – con una cultura che sta dicendo dei grandi "no" all’uomo: no all’uomo che non si rassegna ad essere considerato come un animale; no all’uomo la cui ragione vuole porsi le domande e cercare risposte sui grandi problemi religiosi della vita; no all’uomo la cui libertà non si accontenta di costruire società che siano solamente coesistenze di opposti egoismi. Ecco perché il S. Padre dice: "l’opera di evangelizzazione che non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione". Nelle discussioni dei vostri Consigli, nell’elaborazione di orientamenti pastorali condivisi, abbiate sempre una grande vigilanza al riguardo.

3. [La scelta primaria dell’educazione]. Riandiamo per un momento ad alcune pagine bibliche. In un salmo si dice: "una generazione narra all’altra le tue meraviglie". Nella cena pasquale il figlio chiedeva al padre: ma che cosa significa tutto questo? ed il padre narrava al figlio l’evento fondatore del popolo di Dio. "In concreto, perché l’esperienza della fede e dell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella della educazione della persona".

Vi dicevo che il fatto cristiano è una presenza. Ne deriva che la modalità fondamentale di proporlo a chi vi è ancora estraneo, è la testimonianza in cui si testifica che quella presenza rigenera la propria umanità. In questo modo la testimonianza diventa proposta di vita, provocazione della libertà di chi sta entrando nella realtà: il bambino, il ragazzo, il giovane. Senza questo atto di testimonianza, che semplicemente definisce l’atto educativo, la presenza e la potenza del Risorto è destinata a non contagiare mai il tessuto umano. Fuori di questo rapporto così strutturato, inevitabilmente o si introduce l’uomo solo dentro alla conoscenza di una dottrina o lo si spinge ad un impegno morale basato sulle sue forze. L’uno e l’altro esito non sono duraturi.

Questa forte sottolineatura dell’urgenza educativa fatta nel DV non può essere lasciata cadere.

4. [Conclusioni finali pratiche]. Come vi dicevo il mio non voleva essere un riassunto del DV. Né ancor meno la mia riflessione intendeva sostituirsi alla lettura e meditazione del testo pontificio. È comunque opportuno che ora, concludendo questa mia riflessione, vi sia qualche indicazione più immediatamente praticabile.

- Come ora vi spiegherà Mons. Ottani, la programmazione ed i percorsi che abbiamo elaborato per il Congresso Eucaristico Diocesano sono profondamente sintonizzati col DV. Tre degli ambiti su cui ha riflettuto il IV Convegno ecclesiale nazionale – cittadinanza, educazione, lavoro – sono i tre itinerari del Congresso.

- Vi chiedo di dedicare una riunione dei vostri Consigli alla lettura del DV, preceduta da una buona introduzione. La lettura vi porti a rispondere alle seguenti domande: a) confrontando il lavoro che stiamo facendo in parrocchia col DV, quali conclusioni dobbiamo trarre? B) c’è qualche passaggio del DV che sembra particolarmente importante per la nostra parrocchia? se sì, che cosa dobbiamo fare?

- Potrebbe essere utile che, data la profondità e vastità del tema e/o la particolare natura delle decisioni, sia opportuno pensare a riunioni interparrocchiali dei Consigli Pastorali. Soprattutto, penso, ad itinerari di pastorale giovanile, i quali nei loro momenti fondamentali non possono non essere pensati e realizzati che all’interno di una pastorale integrata.

Concludo colle stesse parole del S. Padre.

"Siamo stimolati perciò a tenere sempre presente che non siamo soli nel portarne il peso: ci sosteniamo infatti gli uni gli altri e soprattutto il Signore stesso guida e sostiene la fragile barca della Chiesa. Ritorniamo così al punto da cui siamo partiti: decisivo è il nostro essere uniti a Lui, e quindi tra noi, lo stare con Lui per poter andare nel suo nome (cfr. Mc 3,13-15). La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi, come faremo nella Celebrazione di questo pomeriggio, adorarlo presente nell’Eucaristia: prima di ogni attività e di ogni nostro programma, infatti, deve esserci l’adorazione, che ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il nostro agire. Nell’unione a Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata in ogni contrada d’Italia. In Lei incontriamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa e così, attraverso di Lei, impariamo a conoscere e ad amare il mistero della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo fino in fondo parte di essa, diventiamo a nostra volta "anime ecclesiali", impariamo a resistere a quella "secolarizzazione interna" che insidia la Chiesa nel nostro tempo, in conseguenza dei processi di secolarizzazione che hanno profondamente segnato la civiltà europea".