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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


L’umanesimo dantesco, via dello spirito europeo

(tratto da ART'E'. Rivista d'arte, cultura e comunicazione, n. 5, settembre-ottobre 2004)


Lo smarrimento dell’uomo nell’universo nel quale si trova immerso è il suo attuale dramma esistenziale. È uno smarrimento a livello conoscitivo: ha guadagnato il mondo intero e ha perduto la propria anima. Non sa più che cosa sia bene e che cosa sia male. Si è disperso nel labirinto delle sue scoperte, senza poter ritrovare la "diritta via" che conduce alla sua città, alla sua casa. La paura lo paralizza, la sfiducia gli toglie le ultime energie, la mancanza di speranza lo chiude nei deserti dell’angoscia. Non sa più neppure che cosa chiedere, vivendo pieno di cose e privo di senso.

È compito della Chiesa andare a cercare quest’uomo per spiegargli chi è, da dove viene, qual è la sua meta, qual è il suo destino eterno.

La fede del popolo di Dio, nel fluire dei secoli, è stata capace di esprimere degli itinerari sapienziali che rimangono vere miniere di ricchezza spirituale: la Divina Commedia è una di queste, forse la fondamentale. L’umanesimo italiano, che ha improntato di sé l’intera Europa e lo spirito europeo, non sarebbe comprensibile senza la genialità artistica e culturale di Dante.

Nella Commedia si compendia tutto l’itinerario sapienziale che parte dalla condizione smarrita dell’uomo e lo porta all’apice della conoscenza che è l’esperienza mistica, cioè alla contemplazione di quella "nostra effigie" che si trova all’interno della nostra vita trinitaria. Prima Virgilio, simbolo della ragione umana, che guida e conduce, poi Beatrice, simbolo della sapienza divina, che fa salire fino alla massima conoscenza dell’uomo nuovo, quindi Bernardo che introduce l’uomo nel Mistero, attraverso la mediazione mariana.

Nella prospettiva dell’umanesimo dantesco è di grande rilevanza lo stile della "cortesia", che è manifestato dalla figura femminile "onesta", che cioè introduce con "gentilezza" nel ritmo interno della "corte". D’altronde tutto il grande sviluppo dell’umanesimo italiano ha avuto i suoi centri vitali nelle città e nelle corti del prìncipi, che si sono circondati delle migliori intelligenze presenti nel loro tempo. E le figure femminili emergenti sono sempre state determinanti rispetto al clima di tali centri di convergenza culturale.

L’umanesimo dantesco ha però come chiaro riferimento la "Corte celeste" che è tutta improntata dall’Amore di Dio, dalla carità, che si dispiega nel tempo come multiforme sapienza capace di disporre con dolcezza tutte le cose (cfr. Sap 8, 1). È uno stile amabile, nobile, che disarma le contese, che vince le inimicizie, contro cui la malvagità non può prevalere (cfr. Sap 7, 9). Potremmo dire che è da questo divino "dolce stil novo" che discende la più alta aspirazione dello stile dell’umanesimo italiano.

In realtà, è lo "stile cristiano", di cui ogni uomo avverte la ricorrente soavità, e che diventa premurosa guida nel cammino dell’anima dallo smarrimento della "selva oscura" fino alla contemplazione dell’umanità nuova, irradiata dalla luce divina.

La fiducia che la convivenza umana possa ritrovare la sua armonia fraterna in uno stile dolce e pacato nasce dalla chiara consapevolezza che c’è una "Corte divina", mossa in modo vario dall’unico Amore del Padre celeste, da cui può discendere la luce necessaria e l’aiuto opportuno per uscire da questa "selva selvaggia e aspra e forte", nella quale la nostra umanità si è smarrita, ritrovando la guida di una ragione purificata, rinvigorita e illuminata dalla Sapienza divina, unificata e unificante.

Per questo Dante rimane un maestro sommo dello spirito, che ha segnato con un marchio indelebile l’intera civiltà europea.