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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


LA PERSONA CENTRO DI EDUCAZIONE
Voghiera, sabato 8 giugno 1996
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 Siamo qui raccolti per riflettere assieme sull’impresa più seria e più grande che una persona umana possa compiere, l’impresa di educare un’altra persona umana. Dal seguito della riflessione risulterà chiaro perché è l’impresa più grande. Ma vogliamo riflettere sull’educazione da un preciso punto di vista, dal punto di vista della persona che chiede di essere educata. E cominciamo subito con una domanda semplice: perché la persona umana ha bisogno di essere educata e chiede di essere educata?

1. IL “BISOGNO-DESIDERIO” DI EDUCAZIONE

 Vorrei partire da una constatazione molto semplice, che ciascuno di noi può fare, se appena fa un po’ di attenzione a ciò che accade dentro di sé.
 Noi a volte agiamo con giustizia ed a volte non agiamo con giustizia, però se ci si chiede: “ma tu come vuoi essere trattato, qualche volta giustamente e qualche volta ingiustamente oppure sempre giustamente?” sono sicuro di quale sia la vostra risposta nel vostro cuore: sempre giustamente. Nessuno desidera di essere trattato ingiustamente, neppure qualche volta.
 Noi diciamo la verità e non inganniamo il nostro prossimo, però qualche volta può capitare che mentiamo ed inganniamo il nostro prossimo. Se però qualcuno ti chiedesse: “e tu vuoi qualche volta essere ingannato?” sono sicuro che nessuno seriamente, risponderebbe che, gli piace, desidera essere ingannato.
 Potrei continuare con questi esempi. Mi fermo, perché questi sono sufficienti a farci fare una incredibile scoperta su noi stessi. Ciascuno di noi sa distinguere fra “agire con giustizia-agire con ingiustizia”, fra “essere nella verità-essere ingannati”. Non solo ma ciascuno di noi desidera la giustizia, la verità. Dunque: la persona umana possiede questa mirabile capacità di conoscere giustizia/ingiustizia, verità/inganno e di desiderare l’una a preferenza dell’altra.
 Ma la scoperta non si ferma a questo punto: pur desiderando la giustizia, noi possiamo voler trattare un altro con ingiustizia; pur desiderando la verità, noi possiamo decidere di ingannare un altro. Può cioè accadere come una “spaccatura” dentro di noi fra ciò che conosciamo e desideriamo e ciò che di fatto facciamo. Questa “spaccatura” non è opera del caso: è opera di ciascuno di noi, è opera nostra. Dunque: la conoscenza-desiderio (la giustizia, la verità...) chiedono alla nostra persona di realizzarsi concretamente. Fanno appello a “qualcosa” che è in noi. Questo qualcosa ha un nome e si chiama libertà. E’ la capacità di compiere o non compiere il “desiderio” che abita dentro la nostra persona.
 Vedete che da quei semplici esempi desunti dalla nostra quotidiana esperienza abbiamo scoperto chi siamo: siamo un grande “desiderio” (di giustizia, di verità, di amore...) la cui realizzazione è affidata alla nostra “libertà”. Possiamo dire la stessa cosa in questo modo: siamo pellegrini della beatitudine mossi dalla nostra libertà.
 Ma sento già che qualcuno si chiederà che cosa c’entra tutto questo con l’educazione. Ecco: ora vedremo subito che la persona umana ha bisogno, chiede di essere educata precisamente perché è “pellegrina-mendicante della beatitudine”: un pellegrinaggio che deve essere compiuto dalla sua libertà.
 Ve lo farò vedere partendo da una delle pagine più “suggestive” di tutto il Vangelo: l’incontro di Maria ed Elisabetta. C’è un particolare di struggente bellezza. Fra i milioni di esseri umani che popolavano la terra, ne era arrivato uno che era unico, che era atteso da millenni: era il Figlio di Dio venuto ad abitare fra noi. Nessuno lo aveva sentito presente: solo sua  madre. Le due donne si incontrano. E che cosa succede? Quella persona umana che era nel ventre di Elisabetta “sussultò di gioia” perché aveva sentito che nel mondo era presente Dio stesso: vicino a lui. Anche quel bambino entrato nel mondo, aveva iniziato il suo “pellegrinaggio verso la beatitudine”, come ogni persona umana. Che cosa gli successe? Gli successe di sperimentare una Presenza che introdusse nel suo cuore un “sussulto di gioia”. E Giovanni non dimenticò più quel “sussulto di gioia”. Divenuto adulto, egli morirà a causa della giustizia e della santità dell’amore coniugale.
 Proviamo ora a raccogliere assieme gli elementi fondamentali di questa straordinaria vicenda. Una persona sta entrando nel mondo: ed abbiamo visto quale è l’ “equipaggio” di cui è dotata. Anzi chi è: un pellegrino-mendicante di beatitudine, affidato alla sua libertà. Egli dentro a questo mondo scopre una Presenza, la Presenza di Qualcuno. La scoperta genera in lui un sussulto di gioia: la certezza che il suo desiderio non è deluso, che il suo pellegrinaggio non è verso il nulla. Egli ha potuto scoprire questa Presenza perché una donna gliela ha fatto “sentire vicina”.
 Ebbene, questi sono gli elementi fondamentali della “comunicazione educativa”. Una persona umana che, entrando nel mondo, comincia il suo pellegrinaggio verso la beatitudine, essa chiede di essere “aiutata” ed incontra altre persone. Queste le fanno sentire/non le fanno sentire una Presenza. In questa “comunicazione”, la nuova persona raggiunge/non raggiunge la piena libertà di camminare.
 Il “punto essenziale” di questo avvenimento che è l’educazione, è di capire bene che cosa significano le parole: “persone che le fanno sentire/non sentire una Presenza”. Questo infatti è il “cuore” del rapporto educativo.
 Cercherò ancora una volta di spiegarmi con qualche esempio.
Voi sapete che uno dei momenti più difficili di tutta la nostra vita, sono stati i primi giorni della nostra vita. La difficoltà consisteva, nel trovarci una realtà completamente diversa da quella in cui viveva nel corpo materno. In una parola: la difficoltà del contatto colla realtà. Fermiamoci un momento a riflettere su che cosa significa “contatto colla realtà”, partendo sempre da esperienze molto comuni.
 Se mi capita di posare la mia mano su una piastra bollente, sento un terribile dolore e ritiro immediatamente la mia mano. Ho avuto un contatto colla realtà, un contatto puramente fisico. Esso è abitato, dominato dal principio del piacere/dolore. E’ l’unico contatto possibile questo colla realtà? Voglio ora farvi un altro esempio.
 Incontrate tante persone, alcune non le conoscete neppure; altre le conoscete. Ma ad un certo momento, una di queste vi appare “diversa da tutte le altre”, e fra le mille conosciute “unica, insostituibile”. Che cosa è accaduto? Avete visto in quella persona “qualcosa” che non avete visto in nessun altro e che vi ha fatto esclamare: “oh come è bello che tu esista!” e alla fine: “come è bello vivere!”. Avete fatto l’esperienza di una Presenza dentro alla realtà concreta, che vi ha fatto “sussultare di gioia”.
Che cosa vuol dire “la persona ha bisogno-chiede di essere educata”? Vuol dire: ha bisogno-chiede di entrare in contatto colla realtà in modo da sentire in essa una Presenza che la faccia “sussultare di gioia”, che le dia la certezza che vale la pena vivere, proprio a causa di questa Presenza. Educare significa  introdurre la persona nella realtà in modo che essa si senta come accolta da un Destino buono.
 Da quanto ho detto finora risulta che l’educazione può accadere solamente all’interno di un rapporto fra persone, di una “comunicazione indiretta” che va da “persona a persona”. Vorrei spiegare un poco questo punto e così concludere questa prima parte della mia riflessione.
 Esiste una comunicazione diretta fra le persone e vi spiego subito in che cosa consiste. Quando un insegnante vuole insegnare a fare la divisione, insegna al bambino alcune regole. Se l’insegnante è brava ed il bambino sta attento ed è un poco intelligente, capisce quelle regole ed ha imparato a fare la divisione. C’è stata una comunicazione (di un sapere, in questo caso) e diretta, nel senso che alcune conoscenze sono state apprese attraverso alcuni semplici ragionamenti.
 Ora facciamo un altro esempio. Un ragazzo si rende conto presto che egli nel suo cuore ha un profondo desiderio di giustizia e che nel mondo  molti agiscono con ingiustizia, per cui prima o poi si vede nella situazione di dover scegliere se subire un’ingiustizia o compierla per non subirla. E si chiede: è meglio subire un’ingiustizia piuttosto che compierla? È meglio essere ingannati piuttosto che ingannare? Come si fa a convincere il ragazzo che è meglio subire un’ingiustizia piuttosto che compierla? Cioè: che essere giusti, essere nella verità è ciò che esiste di più prezioso, bello e degno di essere cercato e voluto. E’ solo la fiducia fatta alla persona che lo educa che cioè gli fa la proposta secondo la quale nella vita è meglio donare che ricevere. E’ una comunicazione indiretta.
 E’ questa la ragione per cui il primo, originario luogo della educazione della persona è la famiglia. E’ questa la ragione per cui nella Chiesa il rapporto fra le persone, è ciò che di più importante esista e come non esista cristianesimo senza la “devozione” ai santi. Niente e nessuno potrà mai sostituire questo rapporto “da persona a persona” nell’educazione.

2. IL DESERTO EDUCATIVO

 In questo secondo punto vorrei aiutarvi ad aprire bene gli occhi su ciò che oggi sta accadendo nell’ambito educativo. Trattasi di un evento di incalcolabile gravità: è il deserto educativo. Mi spiego subito.
 Nella prima parte della mia riflessione ho detto che alla fine, ciascuno di noi è “un grande desiderio ( di giustizia, di verità, di amore ...) la cui realizzazione è affidata alla nostra libertà”. Ha senso parlare di educazione, precisamente perché questi è l’uomo. E se tu spegni nel cuore dell’uomo il desiderio? che cosa succede? Che ne è della libertà?
 Spegnere il desiderio dell’uomo succede quando tu introduci nel cuore dell’uomo il sospetto che ciò che desideri non esiste: che il tuo desiderio non ha un senso, perché non ha un contenuto. Ciò avviene quando si afferma, si insegna (e si agisce come se) che non esiste una vera distinzione fra giustizia ed ingiustizia, perché semplicemente esiste l’utilità e l’interesse. Ciò avviene quando si afferma che non esiste la verità, ma solo delle opinioni. Ciò avviene quando si afferma che non è possibile amarsi veramente, ma che il rapporto  fra le persone è dominato solo dalla ricerca della propria individuale felicità. A questo punto, l’uomo è immerso nel più puro relativismo. Ed allora che cosa è accaduto nel suo cuore? Non esiste più un vero e profondo desiderio. L’uomo è pellegrino di che cosa? Pellegrino del niente. E’ possibile educare ancora? A che cosa?
 Le conseguenze sulla libertà ve le posso spiegare con un esempio molto semplice. Immaginiamo di dover cucire, ma dimenticandoci di fare il nodo al filo. Che succede? Si continua a cucire ... senza cucire mai. Così una libertà sradicata dai desideri veri dell’uomo, dalle sue “naturali inclinazioni”(S. Tommaso), è una libertà che non sa più dove muoversi, dove andare. Cioè: non sa più perché sceglie ciò che sceglie. E quindi, tutto ed il contrario merita di essere scelto e niente, nello stesso tempo, merita di essere scelto. Questo è ciò che ho chiamato “deserto educativo”. Il deserto è il luogo dove non c’è più acqua e dove non ci sono più strade.
 
CONCLUSIONE

 Ogni uomo che viene al mondo, viene al mondo non col deserto nel cuore. Viene al mondo con il cuore abitato dai grandi desideri e chiede di essere educato. Ho detto anche che non è possibile educazione umana senza famiglia. Forse qui troviamo la possibilità di “ricostruire” una grande impresa educativa: ricostruendo delle vere comunità famigliari.