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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Catechesi «Perché la Chiesa»
Santuario di San Luca, 19 ottobre 2012


La catechesi di questa sera cercherà di rispondere ad una domanda: perché la Chiesa? È molto importante, necessario anzi, partire dal senso che ha questa domanda. E questo sarà il primo punto della catechesi.

1. [Senso della domanda] Una domanda è sempre indice di un interesse; quanto più l’interesse è profondo tanto più la domanda nasce dalla persona che la pone.

Esistono almeno due tipi di domande. Domande che chiedono di avere risposte che chiamerò meramente formali, e domande che chiedono di avere risposte che chiamerò esistenziali. Le prime sono risposte che non provocano in alcun modo la nostra libertà: rispondere alla domanda quale sia il fiume più lungo del mondo, non cambia per nulla le scelte della nostra libertà, il nostro modo di esercitarla. E se chi interroga è pur sempre interessato alla risposta, altrimenti non farebbe la domanda, è in fondo indifferente al suo contenuto, indifferente a che gli si risponda in un modo o nell’altro.

La situazione è ben diversa quando si pongono domande per avere risposte che costituiscono una vera provocazione rivolta alla propria libertà. Quando Agostino scrive: "ero diventato a me stesso una grande domanda e una terra di grande sudore", pone una questione che riguarda veramente il suo io; anzi è il suo io stesso, il suo stesso continuare a vivere, che è diventato domanda. Anzi La domanda. È domanda che costituisce la suprema provocazione della sua libertà. Ed Agostino stesso nota che la libertà è così poco indifferente alla risposta a quella domanda, o a domande come queste, che non raramente impedisce alla verità di manifestarsi; oppure evitiamo di cercare la risposta; oppure perfino le censuriamo.

La riflessione agostiniana è importante perché ci aiuta a capire, ci porta a concludere che esiste una sola vera domanda che interessi ultimamente, supremamente l’uomo: la domanda su se stesso; la domanda circa la verità ed il senso del suo esserci. In una parola: circa la sua salvezza.

Anche voi siete venuti a questa catechesi perché avete interesse – almeno un certo interesse - ad avere la risposta ad una domanda: perché la Chiesa?

Quale è l’intensità di questo interesse? Fino a quale profondità la domanda si radica nella vostra persona? È una dimensione della magna quaestio [grande questione] di cui parlava Agostino o perfino uno dei modi con cui si pone la magna quaestio? Che attinenza ha la domanda sulla Chiesa colla domanda circa la verità ed il senso del proprio esserci?

Qualcuno potrebbe meravigliarsi del fatto che non sia subito partito a costruire la risposta alla domanda "perché la Chiesa", ma vi stia chiedendo di verificare prima quale interesse vi spinge a porre la domanda; anzi, di verificare prima se essa è o non è in stretta connessione colla domanda di supremo interesse, la domanda sul senso della vita.

Perché questa verifica preliminare? Perché è dall’esito di questa verifica che dipende completamente il modo giusto di porci di fronte alla Chiesa, il modo adeguato per conoscere la ragione del suo esserci.

Per capire la Pietà di Michelangelo una domanda sul suo peso non è adeguata: è inutile; ugualmente la domanda sulla composizione chimica del marmo di cui fatta. Queste domande non sono adeguate perché sono generiche: il peso e la composizione chimica sono di tutti i pezzi di marmo. Ora di fronte ad una scultura di Michelangelo ciò che stupisce non è ciò che essa ha in comune con ogni pezzo di marmo [peso e composizione chimica], ma ciò che ha di assolutamente unico: incorporare ed esprimere un evento spirituale, l’ispirazione artistica.

Per avere una risposta alla domanda – perché la Chiesa? – e quindi per conoscere l’intima verità della medesima Chiesa, non si deve considerarne il "generico": ciò che la accomuna, nel bene e nel male, con altre comunità umane. La Chiesa infatti si presenta esibendo all’uomo una singolarità unica, che ovviamente l’uomo può accettare o rifiutare, ma che chiede di essere riconosciuta per ciò che è.

È precisamente questa singolarità unica che l’uomo può riconoscere o non a seconda del rapporto che egli istituisce fra la domanda rivolta alla Chiesa: "perché esisti?" e la domanda rivolta a se stesso: "perché esisto?". Se l’uomo che chiede "perché la Chiesa" ha coscienza di questa connessione, la domanda è posta in modo adeguato; altrimenti, la domanda è posta in modo inadeguato.

È essenziale mostrare se e come esiste una connessione fra la domanda sul senso della Chiesa e la domanda sul senso del proprio esserci.

2. [La risposta] La connessione esiste ed è costituita dalla "pretesa cristiana". Più precisamente: è costituita dalla persona di Cristo.

Nei suoi termini essenziali la "pretesa cristiana" è la seguente: la tua beatitudine o infelicità eterna è decisa da te nel tempo, dentro ad un rapporto con un fatto storico. La pretesa si giustifica perché il fatto storico in rapporto al quale tu decidi la tua beatitudine o infelicità eterna, è Gesù Cristo, Dio fatto uomo. In altri termini, "secondo il Cristianesimo… pur restando che il finito per se stesso non può venire a contatto con l’infinito e il tempo con l’eternità, c’è tuttavia un fatto storico del tutto singolare in cui finito e infinito, tempo ed eternità … vengono a contatto nel senso più reale ed è l’incarnazione dell’Uomo-Dio, Gesù Cristo. Ma unicamente con essa…" [C. Fabro, Dall’essere all’esistente, Marietti 1820, Genova 2004, pag. 198].

La pretesa cristiana quindi è di essere una novità assoluta per l’uomo di ogni tempo e luogo "in quanto afferma: 1) che Dio è apparso nel tempo nella Persona di Cristo – ecco l’infinito e l’eterno commensurati in qualche modo al finito e al tempo, - e 2) che l’uomo si salva nell’eternità mediante una decisione – con la scelta appunto dell’Assoluto – ch’egli deve fare nel tempo, fin quando è in vita e per suo conto – ecco il finito e il tempo ch’è divenuto in qualche modo commensurato all’infinito e all’eternità" [ibid.]. Insomma, una beatitudine eterna può essere decisa nel tempo, perché l’Eternità è nel tempo, e questa presenza dell’Eternità nel tempo è Gesù Cristo. Mai e da nessuno la libertà umana era stata provocata con una tale intensità, "perché una decisione per l’eternità nel tempo è l’intensità più intensiva, il salto più intensivo" [S. Kierkegaard, Diario ( a cura di C. Fabbro) 11, Morcelliana ed., Brescia 1982, pag. 27].

In che senso la "pretesa cristiana" connette nell’uomo la domanda sulla Chiesa alla domanda sul senso della sua vita? Perché fondando la beatitudine eterna dell’uomo sulla decisione, sul rapporto a qualcosa di storico; perché essendo ogni avvenimento storico dentro a precise coordinate spazio-temporali, è ragionevole chiedersi come possono uomini non contemporanei e non testimoni di quell’avvenimento porsi in rapporto ad esso, decidersi a riguardo ad esso. Tutto il cristianesimo, tutta la sorte del cristianesimo dipende dalla risposta a questa domanda. E la risposta a questa domanda è la Chiesa. Quindi la "pretesa cristiana" prende oggi la forma della "pretesa ecclesiale". Ma fermiamoci un momento su questo punto.

La "pretesa ecclesiale" è la coerente continuazione della "pretesa cristiana". Se tu chiedi alla Chiesa: "perché esisti? Qual è la tua ragione di essere?, essa risponde: "perché la beatitudine dell’uomo possa essere decisa nel tempo nel rapporto con l’Eterno nel tempo, cioè con Cristo, di cui io - Chiesa – sono la presenza". Il senso della Chiesa è di essere la presenza di Cristo in ogni tempo e spazio. La Chiesa esiste per rendere presente Cristo in ogni tempo ed in ogni luogo; per dare la possibilità ad ogni uomo di incontrare la persona di Gesù. È il luogo dove Gesù diventa contemporaneo ad ogni uomo, ed ogni uomo può diventare contemporaneo a Gesù.

Qualcuno potrebbe chiedersi: perché Gesù, Dio fattosi uomo ha scelto questo modo di rendersi presente; cioè una realtà umana? Ancora una volta la domanda sulla Chiesa alla fine rimanda alla domanda su Cristo: perché Dio ha voluto mostrarsi e farsi incontrare facendosi uomo? Esiste una unità nel "metodo" di Dio, una coerenza: è la fedeltà di Dio. Egli si mostra in carne ed ossa all’uomo perché l’uomo è carne ed ossa.

Questo metodo divino è stato stupendamente descritto da V. Solov’ëv nel modo seguente: "La Chiesa, fondata da Cristo, Dio-uomo, ha anche una composizione divino-umana … La Chiesa è santa e divina perché è santificata dal sangue di Gesù Cristo e dai doni dello Spirito Santo; ciò che direttamente procede da questo principio che santifica la Chiesa è divino, puro ed immutabile; invece le opere degli uomini di Chiesa, compiute secondo il carattere umano, benché fatte per la Chiesa, hanno qualcosa di molto relativo e, lungi dall’essere qualcosa di perfetto, solo sono in via di perfezionamento. Questo il lato umano della Chiesa. Ma dietro il torrente mutevole ed ondeggiante dell’umanità ecclesiale si trova e si costituisce la Chiesa stessa di Dio, la sorgente infinita della grazia divina, ininterrotta azione dello Spirito Santo che dà all’umanità la vera vita in Cristo e in Dio. Quest’azione di grazia divina è sempre esistita nel mondo; ma dall’incarnazione di Cristo ha assunto una forma visibile e tangibile … così che, nonostante non tutto nella Chiesa visibile sia divino, tuttavia il divino in essa è già visibile" [I fondamenti spirituali della vita, ed. LIPA, Roma 1998, pag. 106-107]. Perché la Chiesa? Perché il Mistero sia visibile, tangibile, incontrabile.

Certamente l’uomo può preferire altre vie per incontrare il Mistero, diverse dal metodo divino. Questa preferenza può perfino giustificarsi con ragioni religiose: quale Dio è quello dei cristiani che "si sporca" le mani con la nostra povera umanità? E le "anime religiose" possono essere le più impermeabili al messaggio cristiano, e scandalizzarsi più di ogni altro del "peso" della dimensione umana della Chiesa.

È tuttavia necessario chiedersi: a quale esito porta una ricerca del volto di Dio che voglia seguire un metodo diverso da quello indicato da Dio stesso? Passando accanto alla Chiesa, non si arriva alla persona viva del Dio fatto uomo, ma tutt’al più alla sua dottrina religiosa, al suo insegnamento morale, cioè ad una idea. È questa la soluzione della "magna quaestio" di cui ci parlava Agostino? L’uomo, l’uomo nella sua concreta esperienza quotidiana, ciascuno di voi, cari giovani, ha bisogno solo di una "sublime dottrina religiosa"? ha bisogno solo di un "elevato insegnamento morale?" o non piuttosto di un incontro con una persona, che sia tale da fargli sentire che Essa, solo Essa è la risposta vera ed adeguata al suo cuore? Una persona da cui sentirsi amati infinitamente. Come vedete, la domanda sulla Chiesa rimanda sempre alla domanda su Cristo. E la domanda su Cristo reciprocamente coinvolge sempre la Chiesa. Cristo e la Chiesa hanno una sorte comune nella coscienza religiosa dell’uomo. È soprattutto il quarto evangelista che ci educa a vedere questa condivisione dello stesso destino da parte di Cristo e della Chiesa, vedendo nel rifiuto incontrato da Gesù il "tipo" del rifiuto che la Chiesa va incontrando.

Credere infatti in Cristo significa accettare per sempre l’evento dell’incarnazione di Dio: questo evento, accaduto duemila anni orsono, è reso permanente perché riguarda ogni uomo. Esso non può mai essere staccato dalla concretezza visibile della Chiesa in tutta la sua completa organicità.

Ora penso vi rendiate conto che la domanda sulla Chiesa è radicata nella grande questione che è ogni uomo a se stesso e per se stesso.

"Purtroppo molti che discutono di teologia e di catechesi, hanno oggi una tale sottigliezza e scaltrezza di linguaggio da poter coniare innumerevoli espressioni e giri di frase che lasciano costantemente incerti il lettore e il fedele proprio sulla questione essenziale: se Gesù Cristo sia vivo oggi tra noi, come persona, unica irripetibile, singolare, così come lo era prima della sua morte, e con tutta la pienezza di vita … dovuta alla risuscitante azione divina del Padre" [A. Sicari, Viaggio nel Vangelo, Jaca Book ed., Milano 1995, pag. 142]. E la risposta a questa essenziale questione è l’esistenza, la realtà della Chiesa.

Cari amici, come dicevo domenica scorsa aprendo solennemente l’Anno della Fede, esso ci è dato perché possiamo incontrare nella fede in modo nuovo Gesù. C’è un solo luogo dove possiamo incontrarlo: la Chiesa. È anche l’Anno della Chiesa [cfr. Youcat pag. 76-90].

Conclusione. Un grande scrittore francese, Ch. Peguy [1873 – 1914], ha scritto una pagina stupenda sulla contemporaneità di Gesù. Vi leggo le prime righe.

Lui è qui.
Lui è qui come il primo giorno.
Lui è qui in mezzo a noi come il giorno della sua morte.
Eternamente lui è qui fra noi come il primo giorno.
Eternamente ogni giorno.
È qui fra noi per tutti i giorni della sua eternità.
[cit. da Ch. Peguy, Lui è qui, BUR, Milano 1997, 177].

Non si poteva dirvi meglio perché esiste la Chiesa. Finché c’è la Chiesa, non saremo mai soli nel cammino della vita, poiché là dove è la Chiesa, c’è Gesù, il Dio – con noi.