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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


LA RISURREZIONE DI GESU’
Catechesi dei giovani 29-01-2000

Imposteremo la nostra riflessione attorno a quattro punti: il fatto della Risurrezione di Gesù; ragionevolezza dell’affermazione che questo fatto è realmente accaduto, significato di questo fatto; significato per la mia vita di questo fatto.

1. [Il fatto della "risurrezione" di Gesù] . "Noi vi annunziamo la bella notizia che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù" (At. 13,32-33). La cura che Dio si prende della persona umana, l’interesse che Egli ha per l’uomo raggiunge la sua espressione perfetta, il suo culmine, nella risurrezione di Gesù. Alla domanda cioè che viene fatta soprattutto da chi vive situazioni particolarmente drammatiche: "ma Dio si interessa veramente ai casi nostri?", il cristiano risponde: "si interessa fino in fondo; tant’è vero che Gesù è risuscitato". La prima cosa allora che dobbiamo capire è la seguente: quando noi diciamo, recitando il Credo, "il terzo giorno è risuscitato secondo le scritture", quale fatto intendiamo descrivere?

Che Gesù di Nazareth sia esistito e sia morto di morte violenta su una croce, è una certezza fuori di ogni dubbio. Sulla sua morte esistono anche studi di medicina molto accurati. E che quindi sia stato sepolto … è ugualmente una ovvietà. È stata una sepoltura non così accurata come di solito avveniva, a causa del riposo sabbatico. Dunque, il punto di partenza è molto semplice: Gesù è veramente morto crocifisso, e sepolto.

Ora, quel corpo di Gesù, che era stato distrutto dalla crocifissione, "rivive – ritorna alla vita = risuscita". E qui dobbiamo prestare molta attenzione.

Si sta parlando del corpo di Gesù, nella sua realtà fisica: del suo corpo che è esattamente uguale al corpo di ciascuno di noi, della stessa natura biologica del nostro. Per cui Gesù risorto può riprendere ad avere rapporti diretti, sensibili [si fa toccare (cfr. Lc 24,39; Gv 20,27) e si fa vedere ( cfr. Gv 20,18)], anzi riprende perfino la consuetudine di mangiare con loro (cfr. Lc 24,30.41-43; Gv 21,9.13-15). Dunque: non dobbiamo dare all’espressione "risuscitò" un significato spiritualistico!

E’ lo stesso corpo crocefisso, morto e sepolto: non è un altro! Esso infatti continua ad avere i principali segni della sua passione (cfr. Lc 24,40; Gv 20,20.27): i segni dei chiodi e dell’apertura del costato. Dunque: non si tratta di un corpo di chissà quale provenienza o natura. E’ lo stesso. Tant’è vero che il sepolcro viene trovato vuoto. Il risuscitato è lo stesso crocefisso.

Ma nello stesso tempo questo corpo possiede delle proprietà nuove, proprietà che sono tipiche di un corpo glorioso [spiegheremo in seguito il significato di questo aggettivo]: esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole (cfr. Mt 28,9.16-17; Lc 24,15.36; Gv 20,14.19,26; 21,4). Poiché esso è ormai in possesso di una vita nuova: nuova in senso assoluto. E qui tocchiamo davvero il nucleo centrale del fatto della risurrezione.

La risurrezione non è stato un ritorno di Gesù nel suo corpo alla vita terrena, come lo fu per le tre persone che, secondo le testimonianze evangeliche, furono risuscitate da Gesù. Esse poi morirono ancora. La risurrezione di Gesù è un fatto essenzialmente diverso: nel suo corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad una vita divina, incorruttibile. S. Paolo chiamerà per questo Cristo, l’uomo celeste (cfr. 1Cor 15,35-50). Per cui la morte su di Lui non ha e non avrà mai più alcun potere: Cristo risorto non muore più. Dunque: la risurrezione consiste nel fatto che un uomo, Gesù di Nazareth, da morto che era è entrato col suo corpo in possesso della stessa vita divina, gloriosa.

2. [E’ ragionevole dire tutto questo?]. E’ un punto importante questo della nostra catechesi. "Paolo, sei pazzo; la troppa scienza ti ha dato al cervello", dice il governatore Festo a Paolo che parlava della risurrezione. E Paolo di risposta: "non sono pazzo … ma sto dicendo cose vere e sagge" (cfr. At 26,22-25). E’ una pazzia affermare che Cristo è risorto?

La prova di questo fatto è costituito fondamentalmente dalla testimonianza di persone, uomini e donne, che testimoniarono di aver visto, di aver toccato, di aver mangiato con, in una parola di aver incontrato nel suo stesso corpo quello stesso Gesù che avevano visto morire. Paolo dice che questo è successo a cinquecento persone assieme (cfr. 1Cor 15,6). E’ ragionevole accettare questa testimonianza?

- Questi testimoni furono uccisi a causa della loro testimonianza. Essi non mentirono: nessuno muore per una bugia!

- E’ irragionevole pensare che tutti questi incontri siano il prodotto della loro fantasia, allucinazioni. Essi furono tutt’altro che celeri nell’ammettere il fatto della risurrezione: i Vangeli non ci presentano una comunità di uomini e donne presi da esaltazioni mistiche. Sono uomini smarriti, spaventati ed incerti, ai quali le prime testimonianze delle donne "parvero come un vaneggiamento" (cfr. Lc 24,11). Non solo, ma essi di fronte alle prime apparizioni, sono tutt’altro che immediatamente presi da entusiasmo. Continuano a dubitare (cfr. Lc 24,38): credono che sia un fantasma (cfr. Lc 24,39). Ancora durante l’ultima apparizione, "alcuni … dubitavano" (Mt 28,17). Pertanto, l’ipotesi secondo la quale la risurrezione di Gesù non sarebbe un fatto realmente accaduto, ma il prodotto della fantasia di alcuni uomini e donne, non ha alcun fondamento sulle fonti storiche.

3. [Significato obiettivo della risurrezione]. Dobbiamo ora penetrare nel significato del fatto. Significato di un fatto è ciò che intende dire colui che compie quel fatto: se una fidanzata fa un dono al suo fidanzato, il significato di questo fatto è ciò che ella intende dire con quel dono, cioè che gli vuol bene, che lo ama. Ma qui dobbiamo fare un precisazione, importante anche se un poco tecnica. Ci sono dei linguaggi che semplicemente dicono ciò che sta accadendo: se dico "oggi piove", descrivo semplicemente un fatto. Ci sono linguaggi che e dicono ciò che sta accadendo e fanno accadere ciò che dicono: se dico "io ti amo", descrivo ciò che sta accadendo in me, ma nello stesso tempo ti sto realmente amando. Gli inglesi lo chiamano "performative language".

Quando parliamo di "significato della risurrezione" noi parliamo e di ciò che Dio ha inteso dire con quel fatto e di ciò che Dio ha fatto realmente accadere in e con quel fatto. Non solo dice che …, ma realizza ciò che dice. Stiamo insomma parlando non di "discorsi" semplicemente, ma di "fatti".

La prima cosa che emerge è la seguente: la morte è stata vinta! Cioè: non è vero che tutto finisce in niente! C’è stato almeno un caso, almeno un uomo che ha superato la morte. E’ questo il punto di partenza di ogni successivo approfondimento.

La morte è stata vinta nel senso, come abbiamo detto, che un uomo è venuto in possesso, meglio è stato introdotto nel possesso della stessa vita divina. E qui dobbiamo tenere presente, considerare la morte di Cristo (cfr. la catechesi precedente). Essa è stata vissuta, patita da Cristo da una parte in una attitudine di profondo abbandono al Padre: non c’è in Lui la disperazione propria di chi si sente vittima di un destino impersonale. Dall’altra parte, Gesù ha la consapevolezza che la sua morte fosse la condivisione totale, completa di ogni miseria umana, di tutte le passioni umane. Da una parte, Gesù sulla croce si addossa tutte le nostre miserie (spirituali, morali, fisiche), tutti i nostri peccati, come se proprio lui li avesse commessi, sperimentando fino in fondo la nostra perdita della vita, della vita vera. Dall’altra parte, Egli in questa condizione continua ad essere "abbandonato al Padre".

Se Cristo non fosse risorto, che cosa avremmo dovuto pensare? Che la condizione umana di miseria, che il peccato è senza via di uscita, che la morte – in una parola – dice alla fine l’ultima parola e dà scacco matto alla vita. E quindi o Dio non esiste oppure non si interessa della condizione umana, lasciandola al suo destino di morte finale.

[Sono stati soprattutto alcuni grandissimi scrittori e poeti che hanno vissuto, pensato e descritto la vita, hanno interpretato la realtà partendo dalla certezza che Cristo non è risorto: Leopardi (il più grande!), Kafka (che custodisce una speranza di grazia), Montale. La loro è una testimonianza assai grande].

Non per caso Paolo dice: "Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e vana anche la nostra fede" (1Cor 15,14). Ma se Cristo è risorto, allora quel fatto significa che la condizione umana, la quale nella sua sintesi reale e completa si è realizzata nel Crocefisso, è stata radicalmente cambiata. Quando? Quando precisamente Cristo è risorto; dove? nell’umanità di Gesù. Lui è davvero la novità assoluta: è l’"uomo nuovo". E’ questo ciò che ci dice la risurrezione di Gesù e ciò che realizza dentro a questo mondo.

La posta in gioco è la seguente, quando si parla della risurrezione di Gesù. Dio è presente dentro a questo mondo dominato alla fine dalla morte in tutti i sensi, con una presenza tale da cambiare questa condizione dell’uomo, oppure Egli non è presente in questo modo in quanto ha ormai abbandonato a se stesso, al suo destino, l’uomo e l’intera creazione. Insomma: Dio salva l’uomo oppure l’uomo deve o rassegnarsi amaramente o impegnarsi appassionatamente da solo a salvare se stesso? La risurrezione di Gesù dice che è vera e che si è realizzata la prima alternativa.

4. [Significato per me della risurrezione]. Di fronte al fatto della risurrezione ed al suo significato, possono sorgere due domande: ma che senso ha per me, per la mia vita quotidiana che sto vivendo, la risurrezione di Gesù? Ed ancora: tutto questo è accaduto in Gesù, ma in me come può accadere? La risposta a queste due domande ci svelerà quale significato ha "per me" la risurrezione di Gesù.

Riprendo due testi della mia Lettera pastorale:

"Un grande "esperto di umanità", S. Agostino, racconta nella sua autobiografia che egli divenne consapevole pienamente di se stesso quando gli morì uno dei suoi più cari amici. La morte della persona amata gli fece capire che l’uomo, che ciascuno di noi è a se stesso "un grande enigma" ("Ero diventato un grande enigma a me stesso e chiedevo alla mia anima perché fosse così triste e perché mi turbasse tanto, e non sapeva cosa rispondermi": Confessioni IV,9, ed. Fond. Valle, Verona 1993, pag. 17-19 [trad. G. Chiarini]). E’ questa un’esperienza paradigmatica, esemplare, che ciascuno di noi ha vissuto o vive in un modo o nell’altro: i nostri desideri più profondi sono sconfessati dalla realtà in cui viviamo.

Chi ama, che cosa desidera di più dell’esserci della persona umana? "come è bene, come è bello che tu ci sia!" dice chi ama al "Tu" amato. Ma la morte fa morire anche le persone care. Ho conosciuto tante persone che parlando vogliono ingannare gli altri; non ho mai conosciuto uno che desideri essere ingannato: che cosa desidera più intensamente la nostra persona che conoscere la verità? Ho conosciuto tante persone che hanno trattato altre persone ingiustamente, cioè non come persone ma come cose; non ho conosciuto nessuno che desidera essere trattato ingiustamente: che cosa desidera di più l’uomo che vivere in società con gli altri, non in un modo qualsiasi, ma in una convivenza giusta?"

" Lo scacco che il giovane Agostino ha subito nel suo desiderio di vivere la bontà e la bellezza di una vera amicizia, a causa della morte dell’amico, non lo ha chiuso in se stesso. Egli ha capito quale era la vera domanda circa l’uomo (magna quaestio!): da chi/da che cosa dipendo? a chi/a che cosa appartengo? il mio esserci è dovuto al fortuito incrociarsi di un gioco di probabilità, di cui non so chi ha stabilito le regole?"

Il desiderio illimitato di verità, di Bontà, di Bellezza, in una parola di Vita, che abita nel cuore di ciascuno di noi, non è un’invocazione che non riceve risposta: "So quale è la meta, ma non esiste la strada" (Kafka). Dire che Cristo è risorto significa dire con certezza che tu sei salvo, perché questa pienezza è raggiungibile. Nonostante tutti i tradimenti, le sconfitte che tu puoi subire, (quella di tradire un amore che ti era stato donato, quella di non riuscire a trovare un lavoro, quella di vedere l’incredibile fragilità del bene dentro la storia umana…) tu, se sei certo della resurrezione di Cristo, sei per ciò stesso certo che tu puoi sempre ricostruirti pienamente nella tua umanità.

(B) Ma questo è vero, solo se ciò che è accaduto in Cristo nel momento della risurrezione accade anche in me. Cioè: se io risorgo in Cristo. E questo è possibile, perché c’è la Chiesa. E’ nella Chiesa che tu puoi vivere in te la stessa morte-risurrezione di Cristo. Fate bene attenzione! Non significa "vivere" nel senso di un ricordo particolarmente vivo o di un impegno morale particolarmente serio. Accade in te ciò che è accaduto in Cristo risorto in senso reale [ontologico!]. Come? Attraverso i sacramenti. Due sono i testi biblici più profondi al riguardo: Rom 6,1-11 [battesimo]; Gv 6,48-51 [Eucarestia]. Tu puoi ora incontrare Cristo risorto, perché anche fra noi esiste la Chiesa.

DOMANDE

Tutte le domande vanno nella stessa direzione: che cosa cambia nella mia vita adesso, dal momento che Gesù è risorto? "La mia vita", concretamente significa il modo con cui si esercita la propria libertà, con cui si è liberi. Esercizio della mia libertà: come mi rapporto cogli altri; come gestisco la mia vita …

La prima domanda fatta è in sostanza il riassunto di tutte: io, tu risorgi/risorgerai; se così non fosse, neanche Cristo allora è risorto, insegna S. Paolo. C’è una totale condivisione del destino di Cristo da parte nostra. Ma che cosa significa?

Non basta dire [risposta alla seconda domanda]: io risorgo se credo alla verità di quanto Cristo ha insegnato, cercando poi di vivere in conformità. Se così fosse, non sarebbe stato necessario che Cristo risorgesse: non mi basta che uno mi insegni come si fa a nuotare, mentre sto annegando, ma è necessario che uno si butti anche lui nell’acqua e mi tiri fuori. Ed è questo che Cristo ha fatto: si è gettato fino in fondo nella mia condizione e me ne ha liberato. E qui vediamo la ragione profonda perché è il Crocefisso che è stato risuscitato. Il Crocefisso, come dico nel testo della Catechesi (pag. 4), è la sintesi, la somma di tutta la miseria umana vissuta in ogni sua dimensione, eccetto il peccato. E’ ogni miseria umana che è vinta. Ma in che senso? E siamo alle domande seguenti.

La terza domanda: non significa che Cristo guarisca l’ammalato dalla sua malattia o che ti faccia uscire dalla sofferenza. Significa che ti dona la forza di vivere quella malattia, quella sofferenza non come un’esperienza priva assolutamente di senso, un brandello di vita buttato via, ma come un’esperienza sensata. Non perché ti chiede uno sforzo etico straordinario. Ma proprio perché Lui Risorto vive in te la tua sofferenza: Lui Risorto e quindi facendo sì che essa non sia la sofferenza che prelude alla morte, ma la sofferenza della donna che partorisce.

La quarta domanda: dire che ha sconfitto il peccato significa che ti dona la possibilità, la capacità di non rovinare la tua umanità [ridurre l’amore al tuo ragazzo/a all’uso reciprocamente permesso del corpo; dare agli sposi la forza di appartenersi definitivamente, indissolubilmente; la forza di subire l’ingiustizia piuttosto che farla…]. Ma resta in me il peccato, il limite, il peso della mia miseria! (quinta domanda): il Risorto ha una sua "pedagogia" e normalmente compie gradualmente la tua liberazione, educandoti ad un faticoso esercizio della libertà. Solo così tu puoi capire, sperimentare la grandezza della vita, la capacità di compatire le altre miserie.