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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


ARTICOLO PER "IL RESTO DEL CARLINO" NAZIONALE
febbraio 2001

Siamo giunti al momento storico in cui il rapporto dell’uomo colla natura va profondamente ripensato. Cercherò ora brevemente di dire in che termini, per continuare una riflessione che questo giornale va facendo in queste settimane. Non c’è dubbio che l’ebraismo e il cristianesimo hanno sostanzialmente cambiato quel rapporto in forza della (coscienza della) dignità incomparabile della persona umana e della verità della Creazione del mondo da parte di Dio. La natura non ha più alcun carattere divino, in nessuna delle sue espressioni. L’uomo ne è costituito il signore. È difficile dire la portata culturale, enorme, che queste affermazioni hanno avuto nella storia dell’umanità.

Ma la stessa Rivelazione ebraico-cristiana ha sempre sottolineato che il dominio accordato dal Creatore all’uomo in quanto immagine di Dio non è un potere assoluto; che non poteva essere concepito come libertà di "usare ed abusare" o come diritto di disporre di cose ed animali come meglio aggrada.

Che cosa è accaduto nel nostro Occidente? perduta la fede nella verità della Creazione, e quindi la convinzione che nei confronti della natura siamo sottoposti a leggi non solo biologiche, ma anche morali, l’uomo è rimasto solamente con la convinzione e il potere di poter disporre a suo piacimento delle cose ed animali. Come ne fosse il padrone assoluto. A ciò poi si aggiunga quella ricerca esasperata di avere e godere, più che di essere e crescere, che porta l’uomo a consumare senza misura le risorse della natura. E’ venuto alla luce nella vicenda "mucca pazza" un grave errore antropologico. E’ l’errore di pensare che le cose non hanno una loro propria natura e destinazione datale da Dio creatore, che l’uomo può sviluppare ma non alterare. La natura tiranneggiata, anziché coltivata, si ribella.

La risposta vera a questa situazione non è l’ideologia ecologista che pensa di poter ritornare ad una sorta di culto neo-pagano della natura, di cui l’uomo sarebbe solo un frammento, rinnegando l’impresa scientifica e tecnologica.

La risposta vera è quella data da un’antica preghiera liturgica che recita: "alle sue mani [=dell’uomo] operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato". È un dominio subordinato, che quindi si esercita responsabilmente. È capace di questo dominio l’uomo che guarda cose ed animali con sguardo animato dal desiderio non di tiranneggiarle ma di riferirle alla verità. È soprattutto capace l’uomo nel cui cuore dimora lo stupore di fronte all’essere ed alla bellezza che "per l’universo penetra, e risplende/ in una parte più e meno altrove" [Paradiso I, 2-3].