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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


FAMIGLIA E VITA
BONDENO 15 febbraio 1996

Anche a chi guarda superficialmente le cose, vede che duplice è la "funzione" della famiglia nei confronti della vita: nella famiglia la vita è generata, nella famiglia la persona è educata. I due momenti, generazione ed educazione della persona, costituiscono uno stesso avvenimento, adempimento della stessa missione: introdurre la nuova persona umana nell’esistenza.

Dedicherò i due punti della mia riflessione rispettivamente a questi due momenti: la venerazione della persona umana e la sua educazione.

1. LA GENERAZIONE DELLA PERSONA UMANA

Sono sicuro che ogni madre qui presente, ha vissuto la seguente esperienza. Guardando il proprio bambino, o prima o poi sua madre si chiede: "chissà quale sarà il destino di questo bambino, quale sarà il suo futuro?" Una volta chiesi a una sposa perché avesse deciso assieme a suo marito, di non avere mai figli. Ella mi rispose: "perché non so quale futuro lo aspetta". Ovviamente, intendeva dire che non sapeva se sarebbe stato un futuro buono o crudele.

La S. Scrittura ci riporta le parole che la prima donna dell’umanità pronunciò, piena di stupore, la prima volta che si accorse di essere incinta: "Ho avuto un figlio da Dio".

Queste tre grandi esperienze, legate alla maternità e correlativamente alla paternità, ci conducono alla percezione di un grande mistero che deve suscitare in noi venerazione e stupore. Il concepimento di una persona umana è un evento non puramente biologico: è un evento in cui è presente Dio stesso. Chi sente, chi avverte la presenza di questo mistero, sa che la nuova persona umana ha sempre un destino buono; chi non avverte questo, non sa quale destino attende la nuova persona e normalmente rifiuta di dare la vita. Ma ora vorrei riflettere con voi più lentamente su tutto questo così vedere in profondità che cosa significa che la famiglia è al servizio della vita. Prima di tutto, è necessario che noi abbiamo una percezione chiarissima che la persona umana non è solamente uno dei tanti individui che appartengono all’umanità. Ogni persona umana è dotata di una dignità infinita. Cioè: ogni persona non fa parte di nessuna serie, è - letteralmente - "fuori serie". All’origine della persona umana, di ogni persona umana non ci sta "il caso": nessuno di noi esiste per puro caso. Non ci sta la necessità biologica: nessuno di noi è necessario per la sopravvivenza della specie umana. Nel mondo puramente biologico, ogni individuo può essere sostituito da un altro individuo. Non esistiamo per caso, non esistiamo per necessità. Perché allora esistiamo? All’origine di ciascuno di noi, all’origine dell’arrivo di una nuova persona umana nel mondo, c’è un Mistero. Quale è il nome, il volto di questo Mistero? Se il suo volto è buono, allora all’origine della nuova persona sta un atto di amore che noi chiamiamo creazione; se il suo volto ci rimane enigmatico, allora non si ha più il coraggio di donare la vita. Vorrei fermarmi un momento su questo punto che è veramente centrale.

Nel mondo in cui viviamo, la persona umana è l’unico essere che non solo vive, ma vuole sapere se vale la pena di vivere, se ci sono delle ragioni per cui vivere. Vedendo come vivono certe persone, non ci è mai capitato di chiederci: "ma vale ancora la pena di vivere?" Dunque non il fatto di vivere ci interessa in modo supremo, ma le ragioni per cui vivere è una cosa buona e giusta. Se alla nostra origine sta un atto di amore, sta un atto di creazione divina, allora il nostro esserci è cosa buona e giusta. Se non ci fosse questo atto di amore divino creativo, il nostro esserci sarebbe effetto del caso, cioè non avrebbe nessuna ragione in se stesso.

Qualcuno potrebbe chiedersi a questo punto: ma che cosa ha a che fare tutto questo con la famiglia? Vorrei aiutarvi a rispondere, chiedendovi un piccolo sforzo di immaginazione.

Immaginiamo di trovarci tutti su un aereo che sta trasvolando l’Oceano. Ad un certo punto l’aereo cade su un’isola sconosciuta e inesplorata, senza che nessun passeggero muoia nell’impatto colla terra. Che cosa faremmo in una tale situazione? subito ci preoccuperemmo di rispondere ad almeno due domande: dove sono capitato? come sarò accolto da eventuali abitanti: sarò il benvenuto o sarò considerato un ospite non gradito, addirittura un nemico?

Se siamo riusciti ad immedesimarci profondamente in questa immaginazione, noi abbiamo rivissuto l’esperienza originaria più importante della nostra esistenza: il nostro ingresso in questo mondo. Ogni bambino che arriva "si chiede" dove è arrivato e come sarà accolto. Se l’universo in cui è giunto lo accoglie o lo rifiuta, gli dà il benvenuto o lo considera un incomodo. Da chi riceve la risposta? in primo luogo dalla donna che lo ha concepito e poi, attraverso la testimonianza, l’uomo che con lei lo ha generato. In una parola: dagli sposi. Sono essi che con il loro amore, creano o non creano quello spazio adatto in cui la nuova persona può sentirsi e manifestarsi come "benvenuta" cioè come dono. Credo che nessuno abbia espresso più chiaramente è più profondamente questo rapporto della nuova persona coi suoi genitori, questo inserimento di un nuovo "tu" umano nell’ambito del "noi" dei coniugi, di un grande poeta latino, Virgilio. In una sua poesia, rivolgendosi ad un bambino appena nato, dice: "incomincia a riconoscere tua madre dal modo con cui ti sorride". Fra i mille volti umani con cui il bambino si incontra, uno è inconfondibile perché lo guarda con un sorriso unico. E’ colei che gli svela il volto buono del Destino, perché gli dice: "come è bello che tu ci sia!"

Penso ora che si possa vedere che rapporto esiste fra la famiglia e il dono della vita. Esiste una stupenda armonia intima nel piano della sapienza divina. Poiché all’origine di ogni persona umana sta un atto di amore divino e non il caso o la necessità, la persona chiede - per così dire - di essere concepita, partorita (e vedremmo, educata) nel contesto di un amore nel quale la nuova creatura possa veramente sentirsi giunta come un "bene". L’amore creativo di Dio chiede di ri-suonare nell’amore procreativo degli sposi. L’amore procreativo degli sposi è il luogo unicamente degno in cui può realizzarsi l’amore creativo di Dio. In questo preciso senso, la famiglia è al servizio della vita.

Quando questo legame si spezza? il legame, intendo dire, che esiste fra famiglia e vita. Vorrei descrivere il processo di questa rottura, partendo dalla tappa più superficiale per arrivare gradualmente fino alle profondità.

Il primo momento di questa disintegrazione è la messa in questione che ogni vita umana sia un bene. Ma è poi vero che il nuovo essere umano è un dono per i genitori? un dono per la società? O non è forse vero che la nascita di un figlio significa ulteriori fatiche, nuovi pesi economici, altri condizionamenti pratici? Non viene forse ad occupare uno spazio già occupato da molti? Il primo passo che porta a non vedere più la faglia nel suo essenziale legame colla vita, è costituito dalla messa in dubbio che un bambino, che una persona umana sia sempre un bene per tutti, un dono fatto a tutti.

Questa messa in dubbio trova terreno adatto per crescere in quella che potremmo chiamare la civiltà delle cose e non delle persone: una civiltà in cui le persone si usano come le cose. Nel contesto di questa civiltà, la donna può diventare per l’uomo un oggetto, i figli un ostacolo per i genitori, la famiglia un’istituzione ingombrante per la libertà dei membri che la compongono.

Si mette in dubbio che ogni persona abbia diritto ad essere accettato a motivo della propria dignità: è il primo passo. Si accetta più o meno supinamente quella cultura utilitaristica che toglie ogni possibilità di affermare la persona per se stessa. Ed infine, in questo contesto si arriva inevitabilmente a negare che la vita sia radicata in un Mistero, in un Destino più grande: la vita si sradica dal senso religioso.

Possiamo concludere dicendo che la famiglia si trova oggi collocata nel punto in cui si scontrano due civiltà: la civiltà dell’amore e la civiltà dell’utile. Essa può contribuire a costruire la prima ed è distrutta dalla seconda.

2. FAMIGLIA ED EDUCAZIONE

La generazione della nuova persona si compie nell’educazione della persona. Anzi, la vera generazione consiste nell’educazione.

In che cosa consiste l’educazione? a quali condizioni è possibile per la famiglia oggi essere veramente un soggetto che educa? Cercherò ora di rispondere a queste due domande.

Prima di tutto, vediamo di capire in che cosa consiste l’educazione. Ricordatevi quell’esperienza che ci siamo immaginati di vivere: caduti in una isola sconosciuta. Abbiamo detto che questa immagine ci descrive esattamente l’arrivo della nuova persona nel mondo. Il bambino si trova in questo mondo e si chiede: dove sono capitato? come sarò accolto? fino a quando ci dovrò rimanere? L’educazione consiste nell’aiutarlo a rispondere a queste domande, consiste cioè nell’introdurlo nella realtà (introdurlo = condurlo dentro). Ma voglio essere più preciso.

Ho parlato di "impatto colla realtà", nella metafora che ho usato. Ma che cosa vuol dire "impatto colla realtà"? C’è un impatto semplicemente fisico ed è l’impatto dominato dal "criterio del piacere". Se tu tocchi una piastra bollente, ti ritrai immediatamente: hai avuto un impatto fisico colla realtà e vedete come questo impatto è dominato dal "criterio del piacere". L’uomo non ha solo questo impatto colla realtà, quello fisico. Ha un impatto, diciamo spirituale: è quello che lo porta a farsi quelle domande. Da quale criterio deve essere guidato? dal criterio del vero, del bene, del bello. Dove sono capitato? sono capitato in un luogo dove vivere è bene, è bello o dove vivere è male, è brutto? Come sono accolto? sono accolto come un ben-venuto oppure come qualcuno di indesiderato, come un dono o come un peso? Fino a quando dovrò rimanere? è questa la mia dimora stabile oppure sono solo di passaggio e devo attendere un’altra dimora? E’ un impatto colla realtà molto profondo: questo impatto si chiama esperienza umana. L’esperienza umana è l’incontro colla realtà guidato dal criterio della verità. Allora educare significa introdurre la persona nella realtà, cioè condurla a vivere interamente la propria esperienza umana.

Ma se riflettiamo sulle tre domande suddette (dove-come-fino a quando), vediamo che esse in fondo nascono da una sola: se all’origine di tutto ciò che mi accade e del mio stesso esserci c’è il caso oppure un atto supremo di amore. In una parola: quale è il volto del nostro destino? Siamo qui per caso, viviamo per caso e quindi moriamo come se non fossimo mai esistiti oppure siamo in ogni momento portati nelle braccia di un Amore, di una Persona che ci ama? Educare significa introdurre la persona umana nell’incontro con il suo destino: far vivere l’esperienza del Destino, accompagnandola al suo incontro. Vedete che non esiste qualcosa di più grande che l’educazione di una persona umana.

Sono sicuro che rispondendo alla domanda sul significato di educazione, non ho evitato un rischio che comunque volevo evitare in tutti i modi. E’ il rischio di farvi pensare che l’educazione sia o qualcosa di così difficile che solo i genitori istruiti possono compiere o qualcosa che consiste nel far imparare i bambini alcune cose o verità. Ed allora dobbiamo subito chiederci: a quali condizioni è possibile introdurre una persona umana nella realtà del suo destino, guidarla a vivere l’intera esperienza umana? Mi limito a richiamare quelle fondamentali.

La prima condizione che rende possibile l’educazione, è la certezza che educare una persona è sempre possibile, nonostante tutte le difficoltà di un lavoro educativo. Infatti nel cuore di ogni persona, venuta all’esistenza, dimora il desiderio, l’esigenza, l’invocazione ad essere educato. Se, fin dall’inizio ci consideriamo già sconfitti di fronte a forze diseducative, che pure esistono in forma sempre più invadente, non riusciremo mai ad educare. Questa certezza trova per noi credenti, il suo fondamento nel fatto che gli sposi ricevono dal sacramento del matrimonio, la capacità di educare.

La seconda condizione è che i genitori siano sposi veri. Non è possibile che la persona sia educata se non nella "dimora" dell’amore coniugale: quello che è l’utero fisico della donna per il concepimento fisico ed il primo formarsi del bambino è l’amore coniugale per l’educazione umana. La coniugalità è il terreno in cui si radica la persona umana che chiede di essere educata.

La terza condizione è quella che potremmo chiamare della coerenza di giudizio. Vi sarete resi conto che i genitori educano più colla vita che colla parola. Ma su questo punto vorrei fare una precisazione assai importante per capire bene in che cosa consiste questa terza condizione.

E’ fuori dubbio che un’eventuale incoerenza fra ciò che un genitore dice al figlio e ciò che vive, non è educativa. Tuttavia l’effetto di questa incoerenza non è quasi mai devastante, soprattutto dopo i primi anni di vita. L’effetto negativo può essere attutito da chi può aiutare il ragazzo a capire che questa incoerenza fra il pensare e l’agire, il dire e il fare è un comune retaggio della razza umana.

Ma l’incoerenza che veramente svuota il rapporto educativo, rende impossibile l’educazione, è l’incoerenza dentro, all’interno del pensare stesso. Mi spiego con un esempio. Se un genitore dice al figlio: "tu devi rispettare ogni persona, perché ogni persona è grande davanti al Signore", e poi quando rompe un vetro lo ricopri di rimproveri, mentre non dici niente se dà della stupida a sua sorella più piccola, oppure dici che tutti i negri andrebbero cacciati via, allora tu rendi completamente inefficace il tuo rapporto educativo. Perché? perché hai mentito. Hai mentito, perché hai riconosciuto una verità ("ogni persona è grande davanti a Dio") e poi, nel momento in cui devi giudicare i fatti della vita, hai messo da parte quella verità e hai detto: il denaro (che costa il vetro rotto) vale più di tua sorella (che hai insultato).

Educare esige questa assenza di menzogna da chi educa, altrimenti il ragazzo diventerà alla fine cinico.

L’ultima condizione, ma non la meno importante. la famiglia non è in grado da sola di educare. Non solo a causa della situazione spirituale odierna, ma anche perché la persona umana si trova chiamata ad una vocazione che coinvolge la Chiesa: vi dicevo all’inizio che i vostri figli sono anche i miei figli. C’è una corresponsabilità educativa famiglia-Chiesa. Essa può essere spezzata sia da parte della Chiesa, sia da parte della famiglia. Da parte della famiglia, quando si rinuncia all’educazione del "senso religioso" nel bambino e ci si limita a che compia alcuni atti ritenuti socialmente ancora importanti, prima comunione e cresima e non si educa alla visione cristiana della vita. Da parte della Chiesa, quando si rinuncia ad una introduzione della persona nella realtà alla luce di Cristo e si pensa che educare significa esclusivamente o soprattutto impegnare il ragazzo in attività particolari.

Ma l’insufficienza della famiglia significa anche che le famiglie devono trovare forme associative perché la loro missione sia riconosciuta e difesa.

CONCLUSIONE

L’educazione è l’impresa più grande che esista. Noi ci muoviamo, e a volte facciamo anche lunghi viaggi per andare a visitare monumenti architettonici o sculture create dai più grandi geni dell’umanità. Ben più grande e ben più geniale è l’opera di chi costruisce, attraverso l’educazione, una persona umana. Infatti non c’è opera d’arte, quantunque grande, che duri in eterno: non è forse anche un nostro problema grave, la conservazione di tanti monumenti dall’usura del tempo? ma la persona umana è eterna.